Tempo verrà...

Buzzati animalista


“Il cane ama se stesso molto meno di noi; di qui la sua superiorità sull’uomo. Il suo egoismo è limitato ai desideri fisici, estranei al suo volere. Per tutto il resto è l’umiltà in persona”.di Massimo ComparottoDino Buzzati (1906 – 1972), ancor prima di terminare gli studi universitari, entrò come praticante al Corriere della Sera del quale diverrà in seguito redattore ed inviato speciale. Nel 1933 esce il suo primo romanzo “Bàrnabo delle montagne” cui fece seguito “Il segreto del bosco vecchio”, ma è con “Il deserto dei Tartari” che Buzzati ottenne il successo che lo proiettò tra i più grandi scrittori. Con un tono narrativo spesso fiabesco, Buzzati affronta molte tematiche legate ai sentimenti umani, quali: il mistero, l'angoscia, la morte, l’amore, l’occasione di riscatto. Il tutto pervaso da un profonda sensazione che il destino la faccia sempre da padrone assoluto. Successivamente comincia a dedicarsi ai suoi fortunati racconti brevi, spesso pubblicati anche sulle pagine del Corriere della Sera. Una scelta dei suoi articoli trova spazio nella raccolta "Cronache terrestri" e in “Bestiario”, pubblicato postumo, in cui si trovano alcune tra le più belle pagine della narrativa contemporanea, almeno per noi animalisti.  Molta dell’umanità di Buzzati si ritrova proprio nella raccolta di questi racconti ed articoli pubblicati sul   Corriere. A volte gli animali vengono umanizzati e fatti parlare come degli esseri umani. Come nel racconto “Le aquile” in cui l’autore immagina cosa possa pensare un aquila, dall’alto della sua visuale, del mondo e degli uomini: “Gli uomini! Rimasi sbalordito. Non mi aspettavo che fossero così grossi e neppure così orribili a vedersi. Proprio schifosi con quella pelle bianca e i grotteschi cespugli di pelo qua e là, e quelle due gambe davanti lasciate ciondolare”. O ne “la sconfitta” in cui il cane vede ancora una volta il suo peggior amico: “Ecco un uomo, saranno sicuramente altre legnate”.Facendo parlare gli animali, riesce in qualche modo a liberarsi di molte convenzioni, lasciando correre liberi i propri pensieri. Ancora l’uomo non ha messo il piede sulla luna che l’autore, in “Parola di scimpanzé”, coglie l’occasione per scagliarsi contro un’umanità impazzita nella frenetica corsa verso la conquista dello spazio: “Voi non sapete cosa potreste trovare lassù, sui pianeti sparsi nell’universo. Potreste incappare in qualche brutta sorpresa. Chi vi garantisce per esempio che in qualche mondo sperduto non siano le scimmie a comandare? E che non abbiano raggiunto una civiltà molto più perfetta della vostra? E che quando voi approderete non vi facciano prigionieri, trattandovi esattamente come voi avete trattato il sottoscritto? E che per collaudare le loro astronavi intergalattiche non vi chiudano in una capsula e vi sparino miliardi di chilometri lontano? Cosa pagherei per assistere alla scena, che matte risate mi farei. Parola di scimpanzé, ve lo sareste meritato”.Potremmo definire “Bestiario” come un pamphlet contro la vivisezione. In “L’esperimento” il vivisettore, dipinto un po’ come un’arrogante e spavaldo personaggio, è alle prese con dei topi di laboratorio. L’esperimento consiste nell’immettere completamente in una vasca con delle pareti lisce15 ratti normali e 15 trattati con il farmaco. Ai topolini non resta che nuotare per rimanere a galla il più possibile, mentre il ricercatore registra col cronometro la loro resistenza. La sua nuova e giovane assistente, sempre più sconvolta dall’assurdità dell’esperimento, lo avverte: “Non ha paura che porti disgrazia, questa orribile faccenda?”. Infatti il racconto si conclude con una terribile rivelazione in cui sono coinvolti tragicamente i numerosi (come topi) nipotini del vivisettore.             L’animalismo di Buzzati lo si percepisce anche nei racconti, decisamente contro l’attività venatoria, di “Paura sul fiume” e “La belva a motore” in cui si immagina una macabra battuta di caccia nei confronti degli assordanti e insopportabili motociclisti.Sebbene non totalmente vegetariano, Buzzati, ne “Il pioniere” si domanda con tono quasi auto-accusatorio: “Fin che continueremo a nutrirci di bistecche, prosciutti e simili, noi zoofili dobbiamo andare molto cauti, per non passare nel rango dei Tartufi. Gli atterriti lamenti dei vitelli sospinti alla macellazione non arrivano fino alla nostra camera da pranzo ma ciò non toglie nulla al peso della quotidiana sofferenza che ci accusa e disonora”.La profonda umanità e sensibilità con cui Buzzati scruta ogni singola creatura ci viene descritto in “Una stupefacente creatura” in cui osserva i movimenti di un insetto molto laborioso: “Commovente mi appariva la sua tenacia instancabile. E’ altrettanto meraviglioso il fatto che in un essere così minuscolo permanesse tanta coordinazione di idee. Quale immensa dose di vita concentrata lì dentro. Al paragone, noi mastodontici uomini, che grevi e neghittose creature”.Sul cane Buzzati esprime alcuni dei più bei pensieri che dimostrano il rispetto e l’ammirazione che nutriva per loro, come in “Agonia e morte di un povero cane” o “L’arrivista”: “Vivono contenti della loro condizione, della stentata pappa, delle saltuarie botte, della sudicia cuccia, della perenne schiavitù”.Ma è sul Corriere del 16 novembre 1957 che Dino Buzzati scrive, in difesa degli animali, uno degli articoli più belli che siano mai stati pubblicati. Qui si scaglia contro un suo collega che qualche giorno prima aveva scritto un elzeviro sulla cagnetta Laika, catapultata nello spazio, come se la povera cagnetta fosse felice di poter fungere da eroe per la scienza.Ecco come risponde la splendida penna di Buzzati: “A un certo punto lei fa dire a Laika: <Cupidigia della scienza? Tutti l’abbiamo>. Dio la perdoni, signor De Madariaga. Di cani miei e non miei, ne ho conosciuti a decine, grossi e piccoli, purosangue e bastardi, possidenti e proletari, vecchi e giovani, grassi e malati. Non uno, mai, manifestò qualcosa che potesse anche lontanamente somigliare a un interesse scientifico. Fedeltà, altruismo, disinteresse, bontà, pazienza, tenacia, coraggio, lealtà, onestà, puntualità, disciplina, forza d’animo, gratitudine: tutte queste virtù, che noi pratichiamo così di raro e a spizzico, il cane le possiede interamente. Ma amore per la scienza proprio no. Immaginare, come fa lei, che il tremendo compito assegnatole inorgoglisse ed esaltasse Laika, è sinonimo di assurdo”.da Newsletter OIPAArgynnis paphia