Rime in Prosa vol.1

Balihas


Artanis vagava, vagava a piedi per la contea. Giunse, un giorno, dinanzi a un grande bosco, nei pressi del quale vi era una piccola capanna. Al suo interno viveva un contadino, il suo nome era Amicizia, egli viveva di ciò che coltivava insieme a sua moglie, di nome Comprensione. Essi si offrirono di dare ospitalità ad Artanis, il quale era esausto dopo una lunga camminata. Passò lì la notte. Il giorno dopo, il Cavaliere, chiese loro se nelle vicinanze vi era un villaggio. Essi risposero che sì c’era, ma era dall’altra parte del bosco. La coppia non vi si recava da 9 anni, ma non volle rivelare ad Artanis il perché. L’Arconte, decise di attraversarlo per cercare un fabbro, dato che la cotta di maglia che indossava aveva due anelli rotti. Ma i contadini lo bloccarono. “Perché?” chiese Artanis ”Perché mi bloccate?”. Dopo un lungo silenzio, Amicizia decise di chiarire quel dubbio. ”Dovete sapere, mio Signore. Che nel bosco vive una creatura malvagia, il suo nome è Rimorso. Egli vive trafugando averi altrui e uccidendo per il solo gusto di farlo”. ”Non andate, mio Signore. Per il vostro bene, non andate” intervenne Comprensione. Ma Artanis, con tono deciso, disse ”Le mie arti, nelle quali sono Magister, saranno chiamate all’ennesima prova. Dovrò rispolverare antiche abilità, che ora non sento più mie. Se ci sarà lo scontro, metterò in campo tutto il valore che l’Arconte Templare ha dimostrato in passato”. Detto questo, uscì dalla capanna dirigendosi a passo deciso verso il bosco, nonostante i due contadini gli implorassero di rimanere. Il Cavaliere si fermò a pochi passi dal groviglio di vegetazione, che segnava l’inizio della fitta foresta, e disse ”Chissà se sarò ancora in grado di sostenere uno scontro”, dopodiché entrò tra le fronde urticanti di quell’antro boscoso, sotto gli occhi terrificati di Amicizia e Comprensione. Dopo circa due ore, Artanis non aveva incontrato anima viva. Raggiunse un piccolo spiazzo e vi ci si fermò, sempre e costantemente a spada tratta, iniziò a guardarsi intorno. “Rimorso! Malvagia creatura!” urlò “Esci allo scoperto e affrontami!”. Niente. Nessun movimento o rumore. Artanis continuò per la propria strada, fino a raggiungere un altro spiazzo, molto più grande. Al centro vi era una capanna colma di forzieri e bisacce accanto ad un pozzo. Di fronte ad essa, le ceneri ancora calde erano ciò che rimaneva di un focolare da poco spento. Il Cavaliere decise di provocare la creatura, della quale sentiva gli occhi su di sé, da quando era entrato nel bosco. Prese una di quelle bisacce colma di dobloni e la lanciò in direzione del pozzo, mancandolo volutamente. “Nooooooo! Maledetto!” irruppe una voce cavernosa, seguita dall’apparizione di un uomo a pochi passi da Artanis. Il Cavaliere si preparò allo scontro. “Perché sei venuto a morire, Cavaliere?” disse l’uomo. ”Sono venuto per porre fine alla tua malvagia esistenza, anima dannata”. L’uomo proruppe in una risata ”Povero Cavaliere. Tu credi di potermi sconfiggere così? Io sono invincibile. E sai perché? Perché mi sono bagnato delle acque della Sacra Fonte di Invicta!”. “Mai nessuna fonte, neanche le Sacre Acque di Invicta, potranno mai fermare la volontà di un Arconte Magister” disse con tono deciso Artanis. Lo scontro ebbe inizio. Rimorso sembrava prevalere, ma Artanis riusciva a difendersi egregiamente. Ad un certo punto la malvagia creatura riuscì a colpire il Cavaliere, il quale cadde in terra disarmato e sanguinante al collo. Possibile possa finire così?. Artanis si rialzò lentamente, mentre la creatura si avvicinava a lui camminando, credendo di avere la vittoria in pugno. Il Templare si sforzava di utilizzare le proprie Arti e le proprie Discipline e, proprio mentre Rimorso era pronto a sferrare il colpo di grazia, ci riuscì. L’Arte della Cura e la Disciplina dell’Attenzione gli permisero di riparare le ferite e anticipare il momento esatto in cui Rimorso l’avrebbe colpito. Grazie alla maestria acquisita nell’Arte del Fisico riuscì ad evitare il colpo spostandosi alle sue spalle, recuperando nel contempo la propria arma. L’Arte della Spada e la Disciplina della Vulnerabilità gli consentirono di colpire esattamente nell’unico punto debole che Rimorso conservava. La creatura esplose in un urlo demoniaco, Artanis aveva colto il punto giusto, poi si voltò in direzione del Cavaliere. “Maledetto!” gli disse “Cosa credi di fare? Io sono invincibile! Non hai scampo!” ma il suo corpo iniziava lentamente ad immobilizzarsi. Egli si avvicinò fino ad arrivare a pochi centimetri dall’Arconte, che lo fissava immobile, a quel punto Rimorso cadde in ginocchio di fronte a lui. ”No! Non è possibile!” disse il malvagio essere movendosi a fatica e con un immendo sforzo ”Che mi hai fatto? Tu…Tu come sapevi…”. ”Io non sapevo” disse il Cavaliere ”Io ho capito”. La creatura era ora sdraiata sul terreno, in preda al dolore profondamente accecante di una lacerante agonia. Artanis lo guardava impassibile. ”Cavaliere!” disse ancora l’uomo con voce strozzata, in preda alla sofferenza più acuta ”Aiutami! Poni fine a questa tortura! Uccidimi!”. Il Templare rispose con parole di ghiaccio ”Non posso ucciderti due volte. Tu sei già morto, quello che stai provando è il debito della tua esistenza, che ora stai pagando negli ultimi istanti della tua misera vita. Quanto più gravi e spregevoli sono state le nostre azioni in vita, tanto più lunga e lacerante sarà la nostra agonia”. In quel momento, Rimorso passò all’altro mondo. La sua carcassa restava sul terreno, proprio di fronte a tutte quelle ricchezze che il malvagio uomo aveva accumulato durante la propria esistenza. Ma qualcuno aveva osservato tutto. Artanis se n’era reso conto e lo chiamò. “Amicizia, ora puoi uscire insieme al tuo destriero”. Il contadino venne fuori, allibito e con le lacrime agli occhi, chiese al Templare “Devo portare via il cadavere?”. “No” gli disse il Cavaliere ”La natura si occuperà di riprendere ciò che è suo”. Amicizia era finalmente libero di attraversare il bosco con la propria consorte, Comprensione. Artanis aveva svolto il proprio compito e aveva deciso di andarsene di nuovo. Ma il contadino lo fermò. ”Templare” disse ”Voi avete dimostrato un grande valore e, grazie a voi, io e la mia donna potremo finalmente tornare a vivere con la comunità. Non vi ringrazierò mai abbastanza ma, l’unica cosa che possiedo, è questo destriero, il suo nome è Balihas. E’ il destriero più veloce che queste lande desolate abbiano mai visto correre. Permettetemi di farvene dono”. ”Amicizia” cominciò Artanis avvicinandosi verso di lui ”Voi avete un animo d’oro, io accetto questo dono come quanto di più prezioso abbia mai ricevuto, ma non per il dono in sé, ma per ciò che rappresenta. Io mi inchino di fronte a voi” e così dicendo si inginocchiò, tra lo stupore e la meraviglia dell’uomo. Poi salì sul destriero, accarezzandone la criniera. “Oh grande Balihas, so che mi terrai compagnia per molto molto tempo, spero di dimostrarmi alla tua altezza”. Il Templare riprese quindi la sua strada, volgendo un ultimo saluto al contadino dal cuore puro che gli aveva ridato un valido destriero. Amicizia il suo nome, Comprensione il nome della sua consorte. Artanis uscì dalla foresta a cavallo e si avventurò verso lande desolate. Troppo tempo era stato lontano da una sella, ancora stentava a riadattarsi, ma Balihas aveva capito e ne assecondava i movimenti, entrando in simbiosi con Artanis. Forse l’Arconte Magister era tornato quello che era.