Creato da iLMrBroWn il 23/09/2006
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Fu in una cupa notte di novembre che vidi la fine del mio lavoro. Con un'ansia che arrivava quasi allo spasimo raccolsi intorno a me gli strumenti della vita per infondere una scintilla animatrice nella cosa immota che mi giaceva davanti. Era già l'una del mattino; la pioggia batteva sinistramente sui vetri, e la candela era quasi tutta consumata, quando, al bagliore della luce che andava estinguendosi, vidi gli occhi giallo-opachi della creatura aprirsi; respirò ansando e un moto convulso gli agitò le membra.
Come posso descrivere le mie emozioni in questo momento culminante, o rappresentare la disgraziata creatura a cui con cura infinita e infinite pene avevo cercato di dare forma? Le sue membra erano proporzionate, e avevo scelto le sue sembianze mirando alla bellezza. Bellezza! Gran Dio! La sua pelle gialla a malapena copriva la trama dei muscoli e delle arterie; i suoi capelli erano fluenti e di un nero lucente, i denti di un bianco perlaceo, ma questi pregi facevano solo un più orrido contrasto con gli occhi acquosi che sembravano quasi dello stesso colore delle orbite biancastre in cui erano infossati, con la sua pelle corrugata e le labbra nere e tirate.
I vari eventi della vita non sono tanto mutabili quanto i sentimenti della natura umana. Avevo lavorato sodo per quasi due anni con il solo intento di infondere vita in un corpo inanimato. Per questo mi ero privato di riposo e salute. Lo avevo desiderato con un ardore che andava ben oltre la moderazione. Ma ora che avevo finito, la bellezza del sogno svaniva, e un orrore e un disgusto soffocanti mi riempivano il cuore. Incapace di sopportare la vista dell'essere che avevo creato, mi precipitai fuori della stanza e continuai a lungo a camminare su e giù nella mia camera da letto, incapace di indurre la mente al sonno. Alla fine, la stanchezza succedette al tumulto iniziale, e mi gettai sul letto vestito, cercando qualche momento di oblio. Ma invano: dormii, per la verità, ma fui turbato dai sogni più strani. Credetti di vedere Elizabeth, fiorente di salute, a passeggio per le strade di Ingolstadt; felice e sorpreso, l'abbracciavo; ma mentre le davo il primo bacio sulle labbra, esse diventavano livide, del colore della morte; i suoi tratti sembravano trasformarsi, e io credevo di tenere tra le braccia il cadavere di mia madre morta; un sudario avvolgeva il suo corpo e vedevo i vermi brulicare tra le pieghe del tessuto. Mi svegliai di soprassalto, pieno di orrore; un sudore freddo mi copriva la fronte, battevo i denti e tremavo convulsamente in ogni parte del corpo, quando alla luce fioca e gialla della luna che penetrava a fatica dalle persiane chiuse, mi vidi davanti il disgraziato – il miserabile mostro che avevo creato. Teneva sollevata la cortina del letto, e i suoi occhi, se occhi si possono chiamare, erano fissi su di me. Le mascelle si aprirono e mugolò qualche suono inarticolato, mentre un ghigno gli raggrinziva le guance. Può darsi che dicesse qualcosa ma non lo udii; una mano era tesa in avanti, forse per trattenermi, ma gli sfuggii e mi precipitai giù per le scale.
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