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NON SOLO POTENZIALI MAMME


Non è possibile stilare in Italia un Piano Nazionale per la Fertilità confrontandosi con un Paese evoluto come la Danimarca in cui il welfare risulta efficiente e a sostegno soprattutto delle giovani mamme lavoratrici. Da anni l'Italia è il paese più "antifamiglia" d'Europa in cui si fanno meno figli e in cui le risorse destinate a promuovere un welfare si riducono. E' sconcertante scoprire che il tasso di disoccupazione femminile diminuisce con l'aumentare del numero di fligli e che dopo la nascita del primo figlio solo il 59% delle mamme continua a lavorare.Alla luce delle fervide critiche che stiamo visualizzando nelle ultime settimane, in seguito alla proclamazione del "Fertility Day", ritengo che la maternità possa essere incentivata solo col miglioramento delle politiche lavorative riferite alle donne. Ho sempre ritenuto ingiusto che una donna debba trovrsi, ad un certo punto del suo percorso di vita, a dover scegliere tra la "famiglia" e la "carriera". Invece di progredire in Italia, sembra di essere tornati indietro, precisamente all'epoca fascista che contrastava l'idea di donna indipendente ed emancipata e mirava a diffondere la "donna chioccia" dedita ai figli e al marito. La mia generazione (under 35) pensa meno a mettere su famiglia e ad avere figli perché la precarietà in cui versa non le consente di realizzare un progetto responsabile e continuativo. A fare figli non ci vuole niente ma i figli bisogna pur crescerli, mantenerli e garantire loro un futuro. Non è egoismo questo ma realismo. Mi arrabbio quando sento affermare stupidamente che la donna moderna è egoista, non vuole assumersi le proprie responsabilità per crearsi un proprio nucleo familaare. Una vera campagna per contrastare la denatalità deve essere costituita da programmi e servizi concreti miranti a salvaguardare il posto di lavoro delle neomamme, a promuovere la flessibilità degli orari di lavoro, a diffondere la creazione di asili nido aziendali, a rendere concreti i congedi di paternità. Non dimentichiamoci che la donna non è solo una "sfornafigli" ma ha pienamente diritto di realizzarsi dal punto di vista umano e professionale.