Creato da: MurdoMacFarlane il 04/06/2006
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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 18 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Non c'è bisogno di parole altisonanti, per fare poesia, né di immagini iperboliche, o preziose.
Non c'è bisogno d'esser ermetici, o elevati. Non c'è ricercatezza, nella poesia.

Perché è poesia il render ancora nuove, e di nuovo emozionanti, le parole semplici, e usate.
Come se le per la prima volta ci parlassero, e per la prima volta le udissimo.

"O nach éisdeadh tu ‘n sgeul le aire..."

 
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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 16 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Le parole dei luoghi hanno molto poco a che fare con la comunicazione, con il racconto dei nostri sentimenti: non sono parole atte a descrivere ciò che proviamo.
Sono invece parole che ci identificano, nelle quali riconosciamo noi stessi.
Non sono parole che vengono dopo ciò che siamo e ciò che proviamo, ma parole che istituiscono il nostro modo di essere.

Noi siamo quelle parole, e quelle parole sono i nostri luoghi, e i nostri luoghi siamo noi.

 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 15 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

"O nach robh mi thall ‘s a’ ghleann a’ fuireach..."

E poi i luoghi hanno parole che li descrivono, le loro parole.
E sono le parole più semplici che abbiamo, e anche per questo sono le più toccanti.

Perché parlano del sentimento più fondamentale, più essenziale: l'appartenere ad un luogo, esser ciò che siamo per esso; e sapere che senza di noi, esso stesso non sarebbe ciò che è.

"... Nan robh mise thall ‘s a’ ghleann a’ fuireach Chan fhàgainn e tuilleadh glean lurach mo ghaoil"

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 14 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

I luoghi vivono, e quindi crescono, cambiano, modificano.
E tuttavia, i posti più significativi della nostra vita mantengono inalterato il loro significato, a dispetto di ogni cambiamento, loro o nostro.

Perché nel loro semplice esserci costituiscono la più segreta, e intima, e costitutiva delle essenze: ciò che siamo.

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 07 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

La questione della speranza e del ricordo non è così peregrina: l'idea che il tempo sia solo presente è di Sant'Agostino; quella che sia solo futuro è di Heidegger.

Ma forse, più che ontologica, cioè esistenziale, la questione è personale, cioè esistentiva: cioè sta nel modo in cui ciascuno di noi vive la speranza, l'attesa, i ricordi.

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 07 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Che viviamo anche di speranze è una ovvietà.
Così come viviamo di ricordi, variamente colorati di tutto lo spettro dei sentimenti.

Quel che sarebbe interessante capire è il momento nel quale le une - le speranze, si tramutano negli altri - i ricordi.
Suppongo sia il presente; ed è forse per questo che un presente privo di speranze appare così vuoto, inutile, e desolante, quanto un presente pieno di speranza appare così intenso e gravido di significati.

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 05 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Ci sono luoghi che ci paiono - e probabilmente sono - irraggiungibili.
Per paradosso, essi ci sono tanto più cari, tanto più familiari e ci paiono tanto più suggestivi, proprio a ragione della loro irraggiungibilità, al punto che il poterli visitare, e vivere, non aggiungerebbe loro nulla; al contrario.

Ma tutto ciò non è così paradossale, riflettendoci: mostrandoci che c'è un orizzonte desiderato ma sfuggente, quei luoghi ci danno la confortevole speranza di avere della strada da percorrere.
Per questo sono così speciali, perché sono una metafora della vita.

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 05 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Dichiarare il nostro amore a qualcuno non è forse anche chiedergli di affidarsi ad esso, di fidarsi di noi?

Se è così, ci sono due determinazioni che è difficile vedere e tenere in debito conto: il fatto che non sappiamo il reale peso dell'altro, che dichiariamo di saper sostenere; e il fatto che, certi come siamo del nostro sentimento, siamo naturalmente portati a sopravvalutare noi e le nostre forze.

Così che quando poi le cose dovessero andare male, è inevitabile imputare all'altro la gran parte della responsabilità, che in sostanza vuol dire imputargli di essere come è, invece che in primis riconoscere la nostra supponenza e la nostra sventatezza.

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 04 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

Ci vuole un coraggio feroce per raccontarsi come si è.
Già il guardarsi dentro, dentro davvero intendo, richiede molta forza d'animo, e onestà, per ammettere che si sta vedendo ciò che si vede.

Ma il raccontarsi, lo squadernare agli altri in forma di storia ciò che si è davvero visto, e capito, quello richiede proprio coraggio.

 
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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 04 Giugno 2006 da MurdoMacFarlane
Foto di MurdoMacFarlane

In realtà, l'esistenza di un qualcosa chiamato "storia d'amore" è una faccenda problematica, perché una storia presuppone sempre un narratore.
Usualmente sono gli innamorati a raccontare la loro storia, ma è fatale che ciascuno la narri dal punto di vista del suo vissuto, così che le due storie talvolta non arrivano ad essere nemmeno lontanamente simili.

Ma le storie d'amore esistono.
Così che si deve concludere che il narratore di una storia d'amore non può che essere l'amore stesso.

 
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