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Che Edgar Allan Poe nel 1835, ventiseienne, avesse dedicato, su una rivista di Richmond, la sua attenzione ai Promessi sposi e si fosse pronunciato sul romanzo con un apprezzamento così chiaro è una scoperta che desta sorpresa e curiosità. A uno sguardo superficiale, niente potrebbe apparire più lontano dei due autori, il cattolico lombardo, impegnato in un’ampia problematica religiosa, sostenitore di una robusta eticità civile, destinato a diventare uno dei padri della patria, e lo scrittore americano, randagio, delirante, misconosciuto, dedito all’alcol e all’oppio, prototipo di ogni maledettismo, finito precocemente in rovina e in solitudine.Ma, come sempre, c’è qualche riflessione più approfondita da fare. Intanto, Edgar Allan Poe, prima di essere l’autore dei racconti dell’orrore e l’iniziatore del genere poliziesco che tutti conoscono, è un grande giornalista, un critico acutissimo, un teorico della letteratura appassionato e teso a elaborare un proprio sistema. Ecco dunque spiegato che si interessi alla traduzione appena uscita di un voluminoso romanzo storico ambientato due secoli prima in uno degli staterelli in cui è divisa l’Italia, una ghiotta primizia per la pubblicistica d’oltre oceano. Inoltre Poe dà dei Promessi sposi una lettura coerente con i suoi gusti e le sue idee di letteratura. Con intuizione anticipatrice e modernissima vede nel romanzo non l’oratoria che poi vi vedrà Croce né l’aspetto paternalistico che sottolineeranno Gramsci e Moravia, ma un filo ora rosso ora nero di visionarietà e di senso del male e dell’orrore cui Manzoni, autore della Storia della colonna infame, non fu certo estraneo.
Fonte: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=335167
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Inviato da: maresogno67
il 14/03/2009 alle 23:33