Bellezza e squallore

A proprio modo, senza alibi.


A mio parere la gestualità, le modalità espressive di ognuno di noi, le reazioni conseguenti ad una situazione, dipendono anche da fattori ambientali.Il "pianto greco", definizione che viene usata di frequente, sta ad indicare un lamento passivo e continuo, un piagnisteo tragico e retorico e lo possiamo notare nelle popolazioni di quella estrazione culturale.Non dico nulla di sensazionale, quando affermo che il nostro sud è la conferma di questo, ci son milioni di esempi e riempirei questa pagina ed altre decine ancora se li stessi ad elencare ma, penso che basti ricordare un funerale in meridione o le reazioni della gente di quella terra ad una calamità lì avvenuta.Reazioni diverse ed opposte, si riscontrano per eventi simili ma avvenuti al nord, il terremoto del Friuli, penso sia una prova più che tangibile.E che dire dell'"aplomb inglese" che sta a significare una padronanza del modo di esternare, quasi un freddo distacco dalla situazione, una misurata reazione o, una non reazione, se vogliamo, un modo gestuale opposto per origini storico/ambientali?.Nessuno si senta offeso per questo, le origini, le proprie radici, la visione del mondo e della vita hanno anche basi genetiche e mi sembra onesto e pulito riconoscerlo.Detto questo, è altrettanto vero che l'ambiente familiare in cui un bambino vede la luce è determinante per il suo modo futuro di porsi.Se il piccolo ha avuti pochi contatti epidermici, delle carezze, dei bacini, dei coccolamenti, è naturale che sarà poco avvezzo a farli a sua volta, è logico pensare che per lui non saranno così naturali ed istintivi.Non criminalizzo nè le culture, nè il fattore ambientale (sempre che sia nell'ambito della normalità), mi limito a dire che ognuno di noi ha il proprio modo di essere e di reagire e tutto ciò, penso vada accettato senza richiedere forzati cambiamenti.Nella fattispecie, io ho reazioni molto misurate, nessuna esternazione all'apparenza, la mia gestualità è limitata, solo chi mi conosce meglio di altri, può notare qualche segno della mia gioia o della mia sofferenza.Non do la colpa di questo a nessuno, nè ai miei genitori, nè al mondo esterno, nè alla Divina Provvidenza, perchè colpa non c'è, se dolo non c'è. E' una colpa, forse, non strapparsi le vesti, o non gridare sguaiatamente di gioia, non lasciarsi andare pubblicamente in un pianto disperato o invece, farlo sommessamente, lontano dagli occhi del mondo?Cosa è giusto e cosa non è giusto fare, qual'è il comportamento corretto?Essere come si è, questa è l'unica cosa giusta, non mettere maschere, non fingere in una finzione che sarà solo patetica.Allo stadio, non condivido le reazioni degli altri, sono come un estraneo per le persone che sono con me e, forse, non mi capiranno, ma io capisco loro, anche quando mi saltano addosso in un abbraccio.Mi si riempiono gli occhi di lacrime, la gola si stringe in un nodo, nessuno se ne avvede, e tutto questo è anormale, immorale o vergognosamente contro natura?Uno è come è, e così si deve accettare o, meglio ancora, si deve piacere, ma accettarsi caratterialmente non significa crogiolarsi e trovare giustificazioni a dismisura per tutta la vita.Se un bambino ha avuto poco affetto o, anche peggio, è stato ripudiato dai genitori, magari "tirato su" da parenti, tutto ciò, a mio modo di vedere, non può lasciarlo esente da ogni responsabilità propria futura.E' comodo, facile, tirare in ballo i problemi adolescenziali, per far della propria esistenza una zavorra che altri devono sopportare.E' giusto bere come alcoolisti professionisti, spinellarsi, chieder soldi o paghette con la massima disinvoltura, perchè studenti universitari al solo scopo di non trovare un lavoro subito, voler molto senza dare nulla, esigere, giocando e contando su qualche senso di colpa genitoriale?Va bene così?        Va bene accattonare, vivendo una vita senza dignità, senza amor proprio, senza orgoglio, a fronte della sola giustificazione che, in qualche modo, può mettere al riparo da un giudizio senza ipocrisie?Già l'ipocrisia, questo è uno dei mali peggiori che affliggono la nostra società, il dire in maniera edulcorata, o anche, il non dire ciò che è lampante ad occhi puri, il rinominare con parole straniere il vocabolo onesto italiano per renderlo inoffensivo.Gli "ultras", da delinquenti da stadio, diventano paladini di una fede, i teppisti si chiamano carinamente "black block", lo spacciatore diventa "pusher", nomignolo che sembra voler regolarizzare quel commercio, una ragazza compiacente si definisce "escort" e il "paraculismo" diventa disagio giovanile.Quindi?   Va tutto bene così, che c'è di anomalo?        Tutto è perfetto in una società perfetta, perchè ci lamentiamo tanto?.Rifletto solo sul fatto che se io a 55 anni oso dire che mi pesa il lavoro, dopo averlo svolto per minimo 35 anni, vengo quantomeno deriso e definito scanzafatiche, al contrario, se un giovane non ha mai lavorato un giorno e, non ha nessuna intenzione di cominciare oggi, viene definito un disagiato.Magia dei punti di vista!E per chiudere, immaginiamo per un attimo che il disagiato della famiglia sia il genitore.Mettiamo il caso che, per motivi di salute o altro, lo stesso debba abbandonare il posto di lavoro o gli venga tolto, credete davvero che in questo caso, il figlio/a/i si possano inventare studenti lavoratori per sostenere la famiglia in difficoltà?Pensate che al capofamiglia in questione, siano riservati tutti gli alibi che vengono elargiti al figlio/a/i?Pensate che quest’uomo in ginocchio, possa arrivare alla fine dei propri giorni sostenuto dal sacrificio dei familiari, lo stesso sacrificio che con tanta noncuranza si esigeva da lui, quello stesso sacrificio che diventa nulla o troppo a seconda di chi lo deve sopportare?