Bellezza e squallore

L'uomo e la belva.


Ho data un’occhiata ad alcuni video relativi alla cattura di Gheddafi.Voglio però trattare questo tema da un’angolazione diversa, lascio ad altri tutte le conclusioni a vario titolo, prendo solamente spunto dal fatto, per parlare dell’uomo in quanto tale e, non del colonnello nella fattispecie, ma l’essere umano abitante questo pianeta.Ma chi è quest’uomo, che è capace dei gesti più eroici e delle nefandezze più atroci, chi siamo noi, in verità?Chi è l’essere umano che si scaglia contro il più debole, contro chi non può difendersi, contro chi incarna la parte della vittima designata?Cattivo, prepotente, inumano, sanguinario, quando è forte, solo quando è più forte, spaurito, tremante ed implorante, quando ha persa la sua potenza e la sua altera superiorità.Colpire chi non può difendersi, chi è già prostrato a terra, è scendere agli istinti più bassi della natura umana, lo è per chi riveste il ruolo del carnefice ma, lo è altrettanto, quando la vita inverte i ruoli e la vittima diventa aguzzino a sua volta.Qualcuno potrà dare un nome a tutto questo chiamandola “Giusta vendetta”.Posso comprendere e, in qualche modo essere concorde, perché non sono un santo, ma, solo se la vendetta ha luogo in maniera paritaria.La giustifico se venisse esercitata quando colui che ha commessi abusi e crimini, fosse ancora ben saldo al suo posto, quando ancora la sua potenza si mostrasse vestita del suo tirannico potere.Non ha più senso dopo, come non aveva senso prima la violenza che ha scatenata la reazione, non ha più senso quando il più forte si trasforma nel più debole.E’ la stessa violenza, non c’è una violenza buona e una cattiva, è il branco dei predatori che assale la preda ferita, non è nulla di più e non è nulla di diverso, sempre.E’ tipico dell’uomo, uno dei lati umani che non giustifico, dell’uomo appunto e non degli animali.Infatti questi ultimi non uccidono per gioco, non si vendicano, se uccidono la preda debole è solo per far vivere la specie nell’animale più giovane, è amore, in qualche maniera, ma mai è odio.Belva, poi, è un termine migrato dall’animale all’uomo ma, a mio parere, avrebbe dovuto esser l’opposto, il suo significato si addice a chi compie azioni consapevolmente, a chi potrebbe evitarle e non lo fa perché la sua bestialità domina la sua ragione, non a chi lo fa perché obbedisce ad istinti primari e naturali.Non approvo l’accanimento finale, gli atti di barbarie compiuti contro chi ormai è inerme e in alcuno modo potrebbe nuocere, atti che altro non sono che viltà, quella viltà che avrebbe potuto chiamarsi eroismo se avesse vista la luce in un periodo temporale precedente.Non approvo le sevizie e le torture, l’accanimento cieco contro il bersaglio facile, sono inutili e meschine, del resto, questo è l’atteggiamento del branco, della massa, del numero che tende a far assurgere i pavidi al ruolo di eroi.Sono per la legalità, per la giusta ed esemplare punizione, ma punire duramente non significa farsi giustizia e non ammetto che ciò possa avvenire in maniera indecorosa per chi la deve subire e per chi con le proprie mani la esercita.Reclusione a vita o, anche pena di morte, nei casi di estrema gravità, non rabbrividisco per questo, a chi si è macchiato di crimini contro l’uomo, è giusto che l’uomo stesso gli presenti il conto da pagare, così da avere giustizia e non un secondo crimine che a sua volta dovrebbe esser condannato.