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MEDITAZIONE ANALOGICA

Post n°104 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da sandykan
 

La meditazione analogica è un particolare tipo di meditazione nata nella ricerca della terapia sul dolore. Codificata in base alla propria esperienza di psicologo dal Dr. Alessandro Mahony, è attualmente impiegata in diverse sperimentazioni sul dolore cronico in pazienti con sindrome fibromialgica e artrite reumatoide; sono però in corso studi anche per altre patologie psicosomatiche e difficoltà psicologiche lievi e moderate (sono escluse chiaramente le forme gravi e le forme psicotiche). Per definirla si può partire dall' etimologia del termine "mente". Il termine “mente” ha origine dal sanscrito, e piu esattamente dalla radice sanscrita “matr”, che significa “misurare, formare, costruire, progettare”. Dalla stessa radice si ottenne “manas”, da cui provengono le parole latine “mensura”, “mens”, e le parole inglesi “mensuration”, “mental”, “dimension” e “man”, cioe’ l’ uomo stesso, la misura quindi di tutte le cose. L’etimologia di mente quindi ci ricorda il significato di “mente” come “costruzione” della realtà in cui viviamo, sia “fisica” che “psicologica”. La mente quindi sarebbe il mezzo con cui l’entità “uomo” misura il proprio mondo; anzi, in una visione duale, misura e costruisce contemporaneamente.

Il dolore è un campo ancora poco esplorato. Partendo quindi da concetti di psicologia, buddhismo, daoismo e zen, si è giunti appunto a "creare" una tecnica basata sul presupposto che la mente umana funzioni in maniera analogica, basandosi cioè sul principio del “come se”. Il dolore (ma anche appunto molti altri fenomeni) viene percepito e codificato attraverso diverse vie, non ultima quella emozionale. Primo passo è "l'ascolto" del dolore; ad esso vengono man mano associate sensazioni, sentimenti, ricordi, e tutto quanto possa risultare pertinente. Tutto ciò viene poi rielaborato attraverso gli stessi o altri canali sensoriali agendovi come se la persona si trovasse davanti a tutta un' altra cosa rispetto al proprio dolore iniziale. La trasformazione permette di dare appunto al dolore una nuova etichetta cognitiva ed emozionale, andando nel senso di una rielaborazione volta alla diminuzione del dolore stesso. Vi si possono trovare similarità con l'ipnosi, ma qui è piu forte l'aspetto relativo all'ideoplasia ed il vissuto della persona stessa, senza l'intervento esterno di un operatore (che agisce solo inizialmente), lasciando poi la meditazione del soggetto come "compito a casa" con le oppurtune regole delle tecniche di meditazione classiche.

 

 
 
 
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