ASSISTENZIALISMO CARITATIVO E SICUREZZA SOCIALE
Con l'enorme confusione esistente nella realtà sociale per quanto riguarda l'assistenza e il rapporto con il prossimo, ritengo giusto fare un'analisi della realtà ideologica, per definire le modalità operative.
Per sicurezza sociale può intendersi la libertà, e il superamento dei bisogni, vale a dire la garanzia per l'individuo di ottenere una risposta ai diritti economici, sociali e culturali indispensabili al libero sviluppo della sua personalità, con particolare riferimento al diritto al lavoro, attenendosi al rispetto delle personali qualità creative, e con la ridefinizione di una partecipazione dignitosa ai flussi economici che vengono prodotti dal lavoro, per rispondere alle necessità personali e familiari atte ad ottenere una dignitosa sopravvivenza.
Il voler introdurre il concetto di sicurezza sociale, corrisponde ad una profonda trasformazione, avvenuta negli ultimi decenni, del concetto di pubblica assistenza, essendo superato il concetto di assistenzialismo caritativo, come sistema di erogazione di sussidi, e di aiuti a quella parte della popolazione considerata come povera. I principi generali, che debbono determinare il concetto di sicurezza sociale, debbono essere determinati da una volontà di voler dar vita ad una forma istituzionale sociale che preveda una equità dei diritti alla vita per tutti i cittadini, facendo superare le distanze abissali esistenti, non dico fra i ricchi e i poveri, ma fra la grandissima maggioranza delle persone normali e una minoranza considerevole di straricchi. Nella conferenza internazionale del lavoro, tenuta dal 20 aprile al 12 maggio 1944, a Filadelfia vennero esposte delle particolari finalità che avrebbero dovuto entrare nei sistemi legislativi, che ancora oggi potrebbero essere validi, ma che, nella maggior parte dei casi, sono restati lettera morta.
Le formalità con cui gli stati si propongono di realizzare l'obiettivo di giustizia sociale, sono estremamente diversi. Le categorie alle quali viene esteso il servizio, la misura con la quale viene valutato l'abbandono o l'accettazione del servizio stesso, è determinato dalla povertà presente nel soggetto, valutata più o meno reale.
Quanto su esposto, è un fatto politico, che riguarda, come un impegno di vero servizio da parte dei politici, nei confronti del cittadino. Tale impegno come viene rispettato? Per dare una obiettiva risposta vorrei richiamare il rapporto che dovrebbe esistere tra Fede e ragione, che debbono essere convergenti, e far determinare una adesione a un determinato impegno per la soluzione dei problemi evdenziati di bisogni di giustizia sociale. Cerchiamo chiarezza e non facciamoci manipolare da forme di bigottismo religioso: il problema cessa di essere politico, e diventa una obiettiva finalità di Fede.
Inviato da: donulissefrascali Trackback: 0 - Commenti: 0
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il 17/04/2009 alle 08:55
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