sbagliando

Post N° 19


 
Città, quasi un affrescoScendo nel ventre della mia città, una danza di mani e gambe.Monumenti e auto come sfondo, il mare è un intruso acuto.Scivola tutto come un verme abituato a non essere visto.                                                 Incrocio uno sconosciuto e mi sembra interessante ed infreddolito.Capto discorsi come panini morsi a tratti, sento il profumo di un eco.Saluto chi conosco, un abbraccio e ci separiamo per andare oltre. Ad intermittenza arrivano l’odore del caffè, l’asfalto umido è un attore consumato.Cammino che sembro un guerriero e scarto un auto per miracolo:non si offende, non mi offendo, faccio un inchino e passo oltre.Ascolto Verdi e Puccini e vorrei andare a teatro, toccare il velluto rosso.Vorrei che si aprisse il sipario, qui in città, che tutto diventasse un coro.Qualcuno mi chiede un soldino, ma non c’è nessun pozzo di desideri.C’è solo la strada, che si è appena ripresa da un temporale: le foglie rapite dal fango.Vado in un luogo conosciuto e cominciamo la recita, la gestualità quotidiana.Scendo le scale di corsa, cerco un libro che nessuno trova.Povero autore, sacrificio inutile il tuo. Salgo le scale di corsa:ho dimenticato che non serve più.Mi passano volti, colori, ad intermittenza rosso, poi il verde…Non posso stare senza musica, mi si prosciuga l’anima e la gola. Saluto tutti con un po’di distrazione e cambio scena, senza cambiare abito.Corro, corro, perché sono in ritardo sul tempo che mi è concesso.Mi fermo di colpo, perché vengo rubata dal colore invadente del cielo.Le linee vorrei averle disegnate io, avrei pagato un buon prezzo, qualsiasi somma per essere così incredibilmente micidiale.La sirena di un’ambulanza mi butta a terra come un sasso. Allora smetto di pensare a quella sinfonia, quell’impasto di visioni.E’ tardi, debbo tornare ad essere più distratta…