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Post N° 271

Post n°271 pubblicato il 31 Gennaio 2007 da WonderVega
 
Tag: Teatro

I preparativi (parte I)

Venerdì: come di consueto l’appuntamento è con l’emozione del teatro, io e le mie amiche.

Ma dire vado a teatro non è mai cosa semplice, bisogna superare tutte le varie fasi preparatorie per arrivare al tanto amato obiettivo.

Preparativi: giri di chiamate per gli orari di partenza ed appuntamenti vari, prima e dopo spettacolo (pare che andiamo a fare na spedizione). Un’ora prima tentiamo di rimettere a posto quello che non lo è stato durante la settimana chiuse a casa a sbattere la testa pesantemente sui libri e la tesi.

Andiamo nel nostro regno: la cucina. Si comincia dalla cena, non vogliamo morire di fame durante lo spettacolo che essendo shakespeariano supponiamo avrà lunga durata. Così chi pela le patate, chi julietta le carote, chi prepara la pasta… Si sentono già odorini dappertutto, si appannano i vetri, le mie aiutanti sono meravigliosamente veloci. Io spizzulìo qua e là, visto che ho una voragine allo stomaco prima di andare a tavola, da buona cuoca mi tocca. Tutto è pronto, ho preso dei dolcetti tempestati di mandorle e caramello. Non vi è cena senza dolce a rendere meno amari i nostri palati. Vabbè, la dico tutta: sono quella che cede più facilmente alle tentazioni della gola. Peccatrice sono!

Quanto godo io, nei momenti conviviali, nessun altro… lo giuro!

Partiamo sempre con l’idea del leggero e della cucina veloce e finiamo, al solito, per banchettare per quasi un’ora, sbrutriandoci, scherzando, bevendo del buon vino, e dimenticandoci per un po’ del resto del mondo.

Guardiamo l’orologio, è tardissimo! Abbiamo 20 minuti. Con l’acqua alla gola come sempre. Chi lava i piatti, chi asciuga e riordina (certo perché non possiamo mollare tutto l’incrostato e via), chi comincia a docciarsi e vestirsi… o meglio a decidere cosa indossare: dramma per le donne… Siamo isteriche.

Io risolvo, in pochi minuti, le mie amiche scodinzolano per la casa in slip facendo prove di collant abbinati a gonne a destra e a manca e visto che siamo senza tende ed il leggero tepore ha oramai disappannato le vetrate, mi rendo conto che c’è sempre qualcuno dall’altra parte che chissà quante volte avrà sbirciato godendosi il panorama, ma alle mie amiche sembra importare davvero poco al momento. Vive la nature (direbbero i francesi)!

Saltano fuori dall’armadio vestiti mai visti, camicie da fare paura, gonne di seta e boa sciccosi… mi inducono a pensare che le mie amiche conducano una vita segreta e notturna in città. Sorvolo con battutine. Dopo consultazioni e pareri, ecco, finalmente si sceglie, non ci credo! La vestizione è finita. Si passa al trucco e parrucco, tacco e via, vado a mettere in moto la macchina… sono le nove (orario d’inizio dello spettacolo). Odio arrivare in ritardo ma puntualmente o che siamo già nella metropoli o arroccate nel nostro meraviglioso paese, ci ritroviamo a inseguire il tempo con la bava alla bocca. Le mie amiche arrivano schizzando, io sgommo e mi posiziono da brava tassista, s’infilano in auto come delle ossesse. Per le vie del corso Vittorio Emanuele la nostra CAR manco se vede, sfreccia aiutata dai semafori: sono verdi, incredibile, che culo! Superiamo chiunque con il macinino, sembravano tutti lenti e rincoglioniti quella sera per strada (ma è la classica sensazione che ti dona l’avere fretta).

Direzione: solito parcheggio in piazza Borsa, dietro la via Roma, di fronte al teatro Biondo. Arriva pronto il nostro simpaticissimo parcheggiatore di fiducia che ci indica subito un posto per noi. Raccomandate siamo (almeno in questo). Dopo rapidissimi scambi di battute, lui dice: “chi è signorine? O teatru puru stasira aviti agghiri?”, noi ridiamo divertite come sempre, lanciamo la moneta al volo, la piglia (mi sento ad una partita di rugby), mentre un trotterellare di tacchi si ode per le vie. Scappiamo. Sembriamo delle invasate, pur se elegantissime… Sono le nove e nove minuti. Noi arrivare in tempo MAI! Fare malafiure nemmeno. Che emozione ci sarebbe nell’arrivare in anticipo prendendo posto per come si deve e soprattutto senza farci notare.

E’ chiaro che la rappresentazione era già cominciata e noi che abbiamo le poltrone posto palco riservate siamo obbligati ad andare al terzo piano. Le maschere ci accompagnano, l’esercito di femmine munite di un’arma silenziosissima (il tacco) si avviano, prima cazziata fuori dal teatro. Ma non siamo in galleria come speravamo, saliamo saliamo, arriviamo quasi al tetto del teatro, dove le sedie son piccole piccole e di metallo, scomode e rumorosissime. Uno appiccicato all’altro. Noi con elefantiaca grazia e ossequiosissimo silenzio, cioè tutti si girano a guardarci (io la faccia a terra che tentavo di raccoglierla col cucchiaino) poiché con la mia borsa stavo rimorchiando i cappotti di un’intera fila, ci accingiamo a prendere posto.

Questa sembra essere la punizione che ci spetta per tutto il primo tempo.

Sento le voci degli attori, li trovo già a petto nudo. Sgrano gli occhi a quel vedere… (solita marpiona)… torno seria, nuovamente stacco la mia anima dalla realtà…

Il Mercante di Venezia è in scena.

 
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