La città delle donne

LA FAVOLA DEL KAMUT


È interessante notare che l’Italia è il più grande mercato per il Kamut con la metà delle vendite globali.Questa è la sua storia.Nel 1990 il signor Bob Quinn registra all’USDA (il ministero dell’agricoltura statunitense) con il nome ufficiale QK-77 quello che noi chiamiamo Kamut.Ne diventa proprietario,quindi se un agricoltore vuole seminare questo tipo di grano deve avere l’autorizzazione e pagare delle royalties.Quinn si è garantito un monopolio perenne.La maggioranza dei consumatori crede che questo tipo di grano è un ritrovamento archeologico di un grano coltivato dagli antichi egizi.La leggenda racconta che dopo la seconda guerra mondiale,un pilota militare americano abbia trovato in un’antica tomba vicino a Dashare,in Egitto,una manciata di semi vecchi di 4000 anni.Nel 1949 l’aviatore regalò i semi a un agricoltore del Montana.Quei semi vennero piantati  e germinarono (cosa praticamente impossibile).La piccola produzione ebbe un grande successo e fu chiamata “grano del faraone Tut”.Però ben presto la novità scemò e il grano del faraone cadde nel dimenticatoio.Fu grazie a Bob Quinn che ritornò alla ribalta.Prima bufala,in Egitto nell’antichità si coltivava farro e orzo e il frumento si sarebbe diffuso più tardi.Secondo punto questo tipo di grano è un grano di tipo orientale  molto probabilmente  originario dell’Anatolia.È coltivato in Iran e in Africa,dove si trova facilmente nei mercati.E in un mercato lo deve aver trovato il sig. Quinn che con gran fiuto per gli affari ha inventato la bella storiella del faraone.La domanda è la seguente:è giusto brevettare dei semi che si trovano in natura?Se andate al supermercato e confrontate il prezzo della farina di Kamut o di qualsiasi altro prodotto confezionato con questo tipo di grano vi accorgerete che costa mediamente il doppio rispetto alla farina di grano normale.Meditate gente,meditate sulla potenza del marketing!!! PUNTO 6 Inserire l’agricoltura nell’economia circolare,facendo si che i rifiuti organici non finiscano più nelle discariche o nei mari,ma ritornino nei terreni da cui provengono.  PUNTO 7 Ridurre gli sprechi che fanno perdere un terzo della produzione agricola,ridistribuendo il cibo invenduto nei Paesi sviluppati e creando filiere per la conservazione degli alimenti in quelli in via di sviluppo. PUNTO 8 Creare standard di sostenibilità ambientale e di rispetto dei lavoratori delle comunità rurali,a cui si debbano attenere tutte le grandi compagnie dell'agrobusinness