Allora sì

Ragazzi in motorino


Ricordo ancora quando si usciva in gruppo, nessuno di noi voleva essere il passeggero di un nostro amico che aveva una vera e propria motocicletta mentre tutti gli altri si arrangiavano con i vari Ciao, Bravo o il mitico Califfone.Il timore di tutti consisteva nel fatto che lui corresse troppo e soprattutto alle partenze aveva il brutto vizio di impennare. Così si tirava a sorte per scegliere chi dovesse andare dietro lui, mentre tutti insieme si pregava per l’anima sacrificale di turno.Così, come sempre accade, ad un semaforo dei pochi funzionanti, ennesima partenza in impennata e a tutto gas, mentre il resto del gruppo segue tutta la scena e parte lentamente all’inseguimento del fuggitivo.Il nostro amico, sente la motocicletta sbandare un poco e, senza nemmeno girarsi, si rivolge al suo passeggero: « Uà Antò! Hai visto che impennata! E hai sentito la moto come ha tirato in derapata? Eh? Eh? »Ma non riceve nessuna risposta. Ripete la domanda attendendo un gesto di approvazione ma continua a non sentire nessuno.Così decide di girarsi con molta cautela temendo il peggio e vede il suo passeggero 100 metri dietro la moto correre con gli occhi iniettati di sangue nella sua direzione con ancora il casco in testa, perché stranamente chi andava dietro di lui il casco lo portava, e un bastone in mano. Se l’era perso al semaforo.Forse per evitare di essere costretto ad andare nuovamente dietro all’impennatore folle o probabilmente per essere più autonomo, il mio amico che era caduto si fa regalare dallo zio un motorino tutto rotto che nemmeno lo scasso avrebbe preso senza chiedere un risarcimento.Per spirito di comitiva, ognuno di noi aveva cercato di dare una mano nell’aggiustare questo trabiccolo, e a me era toccato riverniciarlo. Per sua scelta il mezzo di locomozione era diventato nero opaco, e visto da lontano sembrava un carro da morto modello due ruote. Avevo anche proposto di applicare  una bara da morto sul lato, per renderlo un perfetto sidecar, ma mi era stata bocciata in attesa di fondi maggiori.Qualcuno aveva donato una ruota, un altro un faro. Praticamente era la versione ciclistica di Frankenstein. Rimaneva da accomodare solo il sellino che, anche se obiettivamente era folle, era predisposto per due persone; unico problema, era spezzato al centro. Così, per arrangiare, era stato mezzo un barattolo sotto la parte destinata al passeggero per renderlo più rigido.A me tocca il viaggio di collaudo, circa una mezz’oretta. Mi accomodo dietro al guidatore e all’inizio sembra che il trucco funzioni. Poi, probabilmente per il peso, per un gesto scomposto o per pura magia, comincia a schiacciarsi la buatta [1] e io inizio a scendere pericolosamente.Insomma, per non cadere mi sono dovuto aggrappare con forza al conducente e fare forza sulle gambe, mentre con gli occhi chiusi continuo ad urlare: « Fermati! Fermati! »Sono arrivato a destinazione con due gambe così gonfie da  sembrare Schwarzenegger.[1] Barattolo.