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Creato da vitoantonioranieri il 22/01/2009

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vi invito a leggere i primi capitoli del mio primo libro, anche se sono in cerca di un editore!

Post n°2 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da vitoantonioranieri

SARA E…


LA LACRIMA DEL DRAGO


 


di


 


RANIERI VITO ANTONIO


 


 e-mail: vitoantonioranieri@libero.it


 


Narratore


 


In un lontano passato, il mondo viveva nel terrore e nel caos.


Ovunque c’erano guerre, che causavano morte e distruzione, provocate dalla brama di potere di un unica e malefica entità: “Il Signore del Male”.


 Il suo obiettivo, era quello di far sprofondare il mondo nell’eterno oblìo, facendo scomparire per sempre la luce.


Per completare la sua malefica opera di distruzione egli doveva impossessarsi e distruggere la “lacrima del Drago”, ancora nascosta chissà dove...


 1


 


 


 


 


 


Nel lontano ed inaccessibile villaggio di Weackness si festeggiava un’insolita vittoria. Tutti gli abitanti si erano riuniti intorno ad una grande pira in fiamme. Essi ballavano, mangiavano, cantavano, ridevano e soprattutto bevevano, il “divino nèttare”, un intruglio liquoroso, che rendeva i loro volti più festanti e sorridenti di quanto in realtà non fossero.


I loro occhi, invece, erano lucidi. Il loro stato d’animo era conteso dalla gioia e dalla tristezza. La gioia derivava dal fatto di essere riusciti a scacciare un nemico infernale, il Signore del Male. La tristezza scaturiva dal fatto che la vittoria era costata la vita a loro due compaesani.


Alcuni abitanti, però, non partecipavano ai festeggiamenti. Essi erano intenti a parlottare tra loro in disparte.


“Gerrard sei stato molto coraggioso a tirarla fuori”.


“Diciamo di sì. Sono riuscito a farlo giusto in tempo, prima che la casa crollasse”.


“Fortunatamente eravamo lì nei dintorni altrimenti a quest’ora staremmo commemorando non due, ma tre morti”.


“È vero, la nostra presenza è stata fondamentale”.


“Bette, dov’è la piccola adesso?”, chiese Cornelius, ad una giovane donna dal viso pallido che era ancora chiaramente sotto choc per quanto era accaduto.


La donna stava tremando tutta.


“È a letto. Sta dormendo, ma è meglio che vada a darle un’occhiata”, rispose.


Strofinò, ripetutamente ed inutilmente, le mani sul grembiule che aveva in vita. Era tutta impolverata, aveva dovuto scavare tra le macerie, per recuperare i corpi di sua sorella e del marito. Appena aveva ripensato a quei momenti i suoi occhi erano diventati lucidi.


Quando sua nipote fu estratta, fortunatamente ancora viva, dalle macerie, venne affidata a Gerrard, che la portò immediatamente lontano da lì. Stranamente la bambina aveva strillato e pianto in braccio a lui, per tutto il tempo che era durato il recupero dei corpi inermi di suo padre e di sua madre. Sembrava avesse capito che i suoi amati genitori non c’erano più. Dopo aver pianto per un bel po’ di tempo finalmente stanca ed esausta s’abbandonò nelle braccia di Morfeo.


Bette stava iniziando a piangere e non voleva farsi vedere da nessuno, così si diresse verso casa. Stava iniziando a liberarsi del peso che la opprimeva. Non riusciva a capacitarsi di aver appena perso la sua unica ed amata sorella.


I due uomini l’avevano vista correre verso casa. Quello più anziano ruppe quel momento di tristezza, dicendo:


“Sfiderei chiunque a non essere in preda allo sconforto. Vedere morire i propri cari, non è cosa da tutti i giorni. Sono sicuro che anche se così piccola, la bambina si sarà spaventata molto nel vedere così da vicino la morte”, sentenziò Cornelius, mentre continuava a lisciarsi la lunga e folta barba bianca.


“Certo che se non fosse stato per loro a quest’ora non saremmo tutti qui a festeggiare”.


“Oh, non dirmelo Gerrard, se non fosse stato per il sacrificio di Edward Connors e di sua moglie Margaret McWire, saremmo tutti morti!”.


Gerrard si era infervorato:


“E pensare che quel maledetto voleva uccidere anche la loro piccola creatura! Come si fa ad inveire su un essere così piccolo ed indifeso?”.


“È inutile che ti scaldi tanto. Adesso non possiamo fare nulla per combatterlo”.


“Io proporrei di radunare tutti gli uomini ed organizzare una spedizione contro di lui”.


“Ma sei pazzo?”. Lo rimproverò Cornelius. Gli aveva afferrato un braccio e glielo stringeva con vigore, tanta era la rabbia che aveva in corpo. Poi aggiunse a denti stretti:


“Così ci faremmo ammazzare tutti come degli stupidi. No! Dai retta a me. La vendetta è un piatto che va servito freddo!”.


“Sì, così andremo a combatterlo, quando saremo vecchi e stanchi”, aveva controbattuto Gerrard.


“Adesso è meglio che tu stia calmo. Ti ho già detto che ci vendicheremo al momento opportuno”.


Nel pronunciare questa frase Cornelius lo strattonava ripetutamente per farlo tornare in sé.


Gerrard stette un momento in silenzio senza proferire parola. Era un uomo abituato a pensare prima di aprire bocca, ma la rabbia era tanta che gli aveva completamente offuscato la mente, non permettendogli d’essere lucido.


Con quello strattone Cornelius lo aveva fatto tornare in sè, così tenendo le braccia conserte si rivolse al grande saggio:


“Hai ragione tu, Cornelius. Per l’ennesima volta hai ragione. Aspetteremo”.


“Allora secondo te, perché ho la barba bianca?”. Cornelius rise. Con quella frase, gli dimostrò che l’età, prevaricava sull’istinto.


“Per questo si fanno tante sciocchezze, quando si è giovani e pochissime quando si è anziani. L’esperienza porta a ragionare con la testa, e non con il cuore”, aggiunse sempre sorridendo. 


Gerrard rise anch’egli a quella battuta, poi ritornato serio espresse ciò che il cuore in quel momento gli stava comandando di dire:


“Faremo in modo che resteranno sempre nei nostri pensieri. Costruiremmo loro delle lapidi sulla collina in modo che ogni qualvolta volgeremo il nostro sguardo verso il sole, li ringrazieremo per averci salvato la vita…”.


“Dai venite a divertirvi anche voi!”.


Un uomo li aveva interrotti. Era Stricker, il fabbro, un loro compaesano che mezzo ubriaco aveva letteralmente tirato a sé Gerrard, facendolo quasi cadere.


Il giovane si rassettò. Si rivolse al fabbro con tono aspro:


“Va a divertirti!”.


Lo spinse, l’uomo barcollò, poi riprese stabilità e disse contro di loro:


“Stupidi! Fate come volete. Non sapete cosa vi perdete!”. Alzò il boccale di quell’intruglio liquoroso, e l’ingollò quasi del tutto. Si pulì la bocca strofinandosi con il dorso della mano, poi si diresse verso quell’anello umano festante e barcollante che girava intorno al fuoco. Ne ruppe una catena, togliendo il braccio di un compaesano che teneva in vita al suo vicino e cominciò anch’egli a girare e a cantare.


“Stolti!”. Disse rabbioso Gerrard, dopo aver appena distolto lo sguardo dall’anello festante.


“Non dire così!”, lo aveva ammonito Cornelius. “Ognuno reagisce a modo proprio alle avversità della vita”.


Gerrard aveva ripreso il tono pacato e tranquillo di quando era stato malamente interrotto:


“Cercheremo di non far mancare nulla alla piccola. Le daremo una giusta istruzione. Faremo in modo di crescerla secondo gli ideali per cui sono morti i suoi genitori: la pace, la libertà e l’amore per gli altri”.


“Gerrard, stai calmo. Tutto quello che dici è giusto. Non mancherà a noi adempiere i nostri buoni propositi verso la piccola, ma adesso non dobbiamo fare altro che aspettare”. Gli aveva detto con tono pacato per tranquillizzarlo, Cornelius.


“Aspettare cosa?”, gli chiese di botto il giovane.


Il loro discorso venne interrotto da zia Bette che attirò la loro attenzione dall’uscio di casa, chiamandoli con voce flebile. La distanza era troppa perché capissero quello che la donna gli aveva appena sussurrato. Bette, così fece cenno che sarebbe rimasta in casa. Aveva appena visto la piccolina che iniziava a muoversi e a piangere. Stava con molta probabilità sognando qualcosa di brutto.


La scena che si presentò alla donna, era quella di un’ipotetica tranquilla vita familiare, solo che mancavano i due punti cardine.


Il piccolo drago sonnecchiava davanti al letto. Aprì gli occhi appena sentì il rumore dei passi di zia Bette che si avvicinava. Li richiuse subito quando s’accorse che era la donna.


La zia corse verso il letto. Andò a mettersi vicino alla sua piccola nipotina. Con fare materno si sdraiò vicino a lei e si addormentò, dopo aver dato finalmente sfogo alle lacrime. Teneva tra le sue mani quelle piccole e morbide di Sara, che continuava a dormire il suo sonno profondo.


Nel frattempo Cornelius e Gerrard si erano avvicinati all’uscio di casa per controllare la situazione, quando videro Bette sdraiata vicino alla piccola, si tranquillizzarono, dopodiché uscirono per continuare a parlottare.


Il capo villaggio, dopo aver messo la mano sul lato destro della bocca, abbassando la voce continuò:


“Sei proprio incorreggibile! Dobbiamo aspettare che la piccolina cresca!…”, aggiunse lisciandosi sempre la folta barba bianca:


“Il piccolo drago si è salvato?”, chiese Gerrard.


“Oh, certamente! Come tutti gli animali aveva avvertito il pericolo e si era messo ad urlare verso la porta, attirando l’attenzione dei suoi padroni”.


“Ora dov’è?”.


“É insieme alla sua padroncina”.


“Sono sicuro che sarà un’ottima guida per lei. Si dice che i draghi siano molto saggi”.


Parlottando con Gerrard, Cornelius aveva incrociato lo sguardo di Viper. Anch’egli, come loro, non stava festeggiando. Era piuttosto strano, visto che non aveva le stesse loro preoccupazioni. Stava lì immobile come una statua al di là dell’anello a fissare i due interlocutori.


Il saggio Cornelius facendo come se non fosse accaduto nulla si rivolse a Gerrard sussurrando:


“Gerrard, hai notato che Viper non festeggia?”.


“Oh, non badare a lui, è sempre stato un tipo solitario, anche se negli ultimi tempi è sembrato un po’ più strano del solito. Alcuni compaesani mi hanno detto che si è allontanato più volte dal villaggio, ritornando sempre a notte fonda”.


“A me quel tipo non piace. Dobbiamo tenerlo d’occhio”.


“Cercherò di spiarlo”.


“Sì, ma sta attento!”.


Viper si era accorto che parlavano di lui, di scatto si voltò avvolgendosi nel suo mantello marrone scuro, e si allontanò.


 

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