nautilus4wright

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Tutto cominciò con una calma sospetta..Tanta passione assopita, il mare immenso e il piccolo navigatore dal cuore immenso.La regina del mare era certamente avvinta in qualche luogo e se si era accorta di noi, l’aveva fatto con una curiosità distratta e subito rapita nella tempesta che stava organizzando in un'altro luogo. Lontano.Un luogo così diverso da noi, così tanto da farci sentire fanciulli protetti dalla convinzione che altro da noi era nei suoi pensieri… già, che strano, avevamo l’impressione che ci considerasse come il cucciolo che non attira che affetto e dolcezza, ma che ha una presenza fuori dalla vita.Le vele maestose ed esperte, consumate e fiere, quanti racconti stavano scrivendo da anni… eppure...Quella lunga notte cominciò con il mare profondo e nero che ci trascinava su onde lunghissime e quasi impercettibili. Ma erano già lì da tempo.Vele e braccia, occhi dolci di marinaio innamorato delle stelle, calmo nel suo angolo fra timone e infinito, col cuore piccino che rimbomba nel silenzio interminabile, mentre concludeva ancora una volta il giro del pianeta.C’è tanta di quella vita ovunque, nella notte le vele si sono cosparse di acqua, non condensa o rugiada. Acqua. Tanta acqua da far piovere sotto le stelle ad ogni frustata della randa nel vuoto di vento. Già quando il vento è assente, la randa in particolare, sembra dimenarsi animata dal proprio spirito, infastidita di non avere attenzioni. I giorni passati le onde sono state frantumate dal vento e depositate sulla tela, ora nella notte il suo bianco è cosparso di sale e notte umida. Arrivano prima le onde, grandi, indomabili e noi siamo ancora a secco di vento, senza difesa. Le onde ci spostano la prua dove occorre loro per poi piegarci sul fianco imbelli e sorpresi. Grandi giganti, mai conosciuti, senza pudore un colibrì è ammirato, estasiato e spettinato… arriva il vento, la barca ora è nuovamente nelle mie mani. Il colibrì si rifugia nella mia cerata. Lo vorrei chiamare jack… ma così si chiama già il mio cane.Le onde sono ormai sospese tra cielo e profondità e il colibrì si è rifugiato sotto la mia cerata.Fanò è lontana, la notte dura un’istante… fanò è davanti a noi.il colibrì ora è sul mio palmo e come non fosse accaduto nulla vola sull’isola. Casa sua è la mia cerata, almeno fino alla prossima notte.Ormai tutto è calmo e solo l’acqua è ancora gelata… come son matti questi navigatori, mi vien voglia di parlare al piccolo che è appena andato via. Ecco che parlo da solo:“angelo, scegli me. Ma distiguimi dal nido, vieni a trovarmi sempre, nella tempesta e nel sole, io ci sarò per te come il tuo più caro porto, ma ricorda che apparteniamo a due mondi meravigliosamente diversi, non facciamo di te un pesce e di me un animale, non sei un pappagallo e io un corsaro, questa è la volgarità che ti ha ferito in passato,che forse qualcuno ti ha cercato di dipingere addosso… piccolo amico.Quando la costa è troppo vicina le fregate nere, i gabbiani ottusi e le gazze ladre rubano la poesia del bene prezioso, che non ha nome, che non ha specie, che non ha immagini nel passato, ...rubano la serenità.Quando ci sentiamo minacciati, la delicatezza si tramutata in timore e tutto è infranto.. quindi piccolo colibrì stai nel mio cuore e non lo abbandonare mai, perché così e per me. La costa sia per noi un luogo lontano, così come la nuvola e la sua pozzanghera” Il colibrì mi guarda certamente da lontano, fra i suoi fiori… ha capito e lo sa. Fanò. Grecia 1997.