Donne afgane, corpi ingoiati da famelici draghi.Vedove di luce, urlavano al cielo la loro rabbiarossa, come il sangue delle sorelle lapidateper aver donato e ricevuto amore.Ombre frantumate, sepolte, alienate, umiliate,gridavano il dolore. Urla senza gola.Ad ascoltarle solo il caldo vento d’Oriente.Pietoso, quale Maddalena col Cristo,in giare di vetro ha racchiuso brandelli di piantoper trascinarli fino a noi, liquidi vetri arrochiti.Allora e solo allora, con ritrovata pietà,le abbiamo finalmente viste e udite.Non più farfalle di stoffa, ma Donne. Vere.Senza volto, né voce, né mani, né piedi,chino il capo ad ancorare la terra.Il Burkamaschile, maligna versione di coranica legge,ha impedito al sole di sgelare vene atrofizzate,al vento di giocare con ascosi capelli,a sguardi ragazzi di carezzare corpi bendati.Nella luce malata, appannata, distorta,pipistrelli impazziti anelavano ore ricamate di nero.Invocata, giungeva dolce la Notte a dipanare armature di fili crudeli.Scivolando piano nelle tane senz’occhi,giaceva con loro, muovendo ciglia di blu colorate. Tocchi d’amore. Sensuali.Con piume stellari, sfiorava conchiglie nascoste,spazi segreti, castità forzate.Donna fra Donne, avvolgente, vibrante, appassionata, sensuale,le cullava con nenie lente di musiche anticheper consegnarle alfine all’oblio del sonno.Nude.