Giorno dopo giorno hai deambulatoaccanto a un uomo cui muta puntare il coltello alla gola per farti rispettare.Non c’erano risate di bimbi in quella casasolo la voce dell’Orco si poteva udire.Nella nebbia di giorni livellati, hai persotramonti, albe, volti d’accarezzaree gesti d’amore da donare.L’anima segnata da livide frustateti sei alfine arresa, basita guerriera solitariainumando sotto la terra del sicomoro in fiore,corvine sacche di notti senz’ardore.Scorreva lento il fiume e t’invitava.Le braccia aperte, ventagli dell’antica seta, ti sei lasciata andare con un tonfo sordoe senza alcuna voce mai era stata capace di gridare e mentre l’acqua t’abbracciava fredda,tu eri l’embrione galleggiante nell’amnio del ventre di tua madre,che ti ha donato finalmente pace.