Ambrosia e cicuta

Post N° 188


Insomma, la serata si ripete.Mi sento strana.Chiaramente non sono più abituata a parlare con un uomo che non conosco, in questa maniera. Ha un accento stupendo.Ho messo in chiaro che non ci sono ambiguità, che si tratta soltanto di una serata amichevole. Eppure, capisco che lui non ci rinuncia, in fondo.E' un ragazzo educato, l'ho visto subito.Non fa nulla di imbarazzante, non mi mette tensione.Eppure la tensione c'è.Ho tanta voglia di parlare. Anzi, ho più voglia di chiedere. E' tanto che non entro a far parte di un nuovo mondo. Lo riempio di domande, e mi piace sentirlo rispondere. Così passano le ore. Tante ore.Fino al momento in cui ci salutiamo. Lo spingo fuori dalla stanza, per non dargli modo di fare qualche passo in più. Che io certamente respingerei, ma che comunque sarebbe motivo di disagio.E' bello. Davvero bello.Bello in quel modo che di solito non mi piace. Bello in quel modo che mi fa sentire imperfetta. Molto più bello, di me, di quella stanza, delle chiacchiere che sono da una parte troppe, dall'altra troppo poche.Come vorrei continuassero.Come vorrei che la moralità fosse una stella filante, da soffiare e sciogliere al vento.Ma no. La moralità non è colorata. E' scura, e non scherza. Non vola.Non ride, ma nemmeno piange. E' la mia casa, le pareti, lo svegliarsi nella notte e abbracciarsi (patetico, no? E meraviglioso).Lo lascio andare e la fantasia corre.Ora lo so, chi sono.In fondo, va bene così.