Brain damage

Articolo 18, questo sconosciuto


State attenti, siore e siori, a lamentarvi troppo apertamente su facebook di torti e ingiustizie sul posto di lavoro. Potrebbe costarvi la rinuncia al lavoro stesso, come è successo ad una 33enne bancaria di Padova.La signorina, impegnata attivamente nella tutela dei diritti delle donne, ha scritto sulla sua bacheca di facebook un paio di frasi che sono state mal digerite dai vertici della banca presso cui lavorava (da notare l'uso del passato).Cito: “Quando le assunzioni sono affidate agli uomini la bellezza fisica viene preferita alle capacità lavorative”. E ancora “Gli uomini sono fatti così: se sei bella per loro sei bravissima, hai valore e sei piena di meriti. Punto. E poi stiamo qui a parlare di meritocrazia. Ma dai!!! Le donne dovrebbero mandare a f…. il mondo maschile e il politically correct e prendersi quello che spetta loro”.Il superiore, dopo questo secondo messaggio, ha fatto scattare una sospensione di cinque giorni. Ma dall'alto il provvedimento non è sembrato essere sufficiente: dopo la settimana di ferie forzate, la donna ha dovuto piegarsi al dare le dimissioni, corcordando tramite il suo legale il corrispettivo per la rinuncia.Un applauso all'istituto bancario, dalla coda di paglia, che non ha fatto altro che dar ragione alle accuse dell'ormai ex dipendente. Ancora oggi dobbiamo aver paura di esprimere la nostra opinione? Ancora oggi una donna deve dire sì signore e tenere per sé le sue considerazioni? Che fossero anche false e derivate da un po' di invidia, che non è detto la 19enne strafiga non fosse competente, che ci sia ancora il luogo comune che bella donna=stupida e invece le cozze son sempre piene di meriti, ma il diritto a scrivere, senza infamare soggetti, uno sfogo mi sembra sacrosanto. Così come sacrosanto mi sembra che chi sta più in alto pensi al dipendente come tale, senza andare a spulciare su facebook in attesa di qualcosa di cui accusarlo. Ma no, noi stiamo ancora qui a parlare di licenziamenti senza giusta causa...