Oggi non sta bene dire certe cose in presenza dell’opinione pubblica: il capitalismo sfoggia il nome d’arte di economia di mercato;
l’imperialismo si chiama globalizzazione; le vittime dell’imperialismo si chiamano paesi in via di sviluppo, che è come chiamare bambini i nani;
l’opportunismo si chiama pragmatismo; il tradimento si chiama realismo;
i poveri si chiamano indigenti, o persone in stato di indigenza, o persone con scarse risorse;
l’espulsione dei bambini poveri dal sistema educativo è conosciuta con il nome di diserzione scolastica;
il diritto del padrone di licenziare l’operaio senza indennizzo né spiegazione si chiama flessibilità del mercato del lavoro;
il linguaggio ufficiale riconosce i diritti della donne tra quelli delle minoranze, come se la metà maschile dell’umanità fosse la maggioranza;
al posto di dittatura militare si dice processo;
le torture si chiamano sollecitazioni illegali, o anche pressioni fisiche o psicologiche;
quando i ladri sono di buona famiglia, non sono ladri, bensì cleptomani;
il saccheggio dei fondi pubblici da parte dei politici corrotti risponde al nome di arricchimento illecito;
si chiamano incidenti i crimini che commettono le automobili;
per dire ciechi, si dice non vedenti;
un nero è un uomo di colore;
laddove si dice lunga e penosa malattia si deve leggere cancro o AIDS;
malore improvviso significa infarto;
non si dice mai morte, bensì scomparsa fisica;
non sono morti neppure gli esseri umani annientati nelle operazioni militari: i morti in battaglia sono perdite e i civili che ci vanno di mezzo senza entrarci per niente, sono danni collaterali……..
Tratto da: “A testa in giù. La scuola del mondo alla rovescia” di Eduardo Galeano, giornalista e scrittore uruguaiano
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