Neverland

Post N° 363


30 giorni, 30 giorni esatti al Natale. Non vedo l'ora. Adoro il Natale. Firenze a Natale è più bella se possibile, tutta illuminata a festa. E passi per via Tornabuoni, tutta accesa e splendente di mille colori, dove non puoi fare altro. Mica puoi entrare da Gucci o da Dior e implorarli di farti il regalino di Felice Natale. E allora, non ti resta che guardare le vetrine sognando e sospirando davanti a cotanta beltà. E con la sosta di Natale, faremo una pausa, finalmente. La scuola che ci opprime fino alla nausea, pomeriggi passati a studiare, vedi i voti e ti viene da pensare che tutto quel tempo è stato sprecato. Potevi uscire, divertirti, e invece sei stata lì, ad ammuffire su quei libri. Ma poi pensi che infondo va bene così, ti basta. A te basta andare a scuola, vedere le facce sorridenti di quelle persone che in cinque anni hanno saputo capirti, apprezzarti e volerti bene più di quanto pensassi. E quella vecchia amica che ogni tanto fa uno squillo, cerca di riallacciare un rapporto morto ormai da troppo tempo, senza che tu lo volessi, senza che tu potessi far niente per impedire che accadesse. E pensi alla vacanza dopo l'esame. A quella promessa stipulata pochi giorni fa. "Se tu vieni con me a Marsalam, poi io vengo con te a Londra". Ti si illuminano gli occhi al pensiero della capitale inglese, con lei. Con cui hai iniziato a parlare, ad apprezzarla, a capirla solo da gennaio. Avete condiviso risate sfrenate, soppresse e nascoste alle orecchie di professori, pianti e disperazione, per cose così brutte che ti viene da chiederti se potresti più farne a meno. E quella mano stretta forte forte, in quella chiesa, il maggio scorso, a dirti che lei ci sarà, per qualsiasi cosa. Perché il dolore non era tuo in prima persona, ma ti toccava. Eccome se ti toccava. Vi siete fatte forza a vicenda, per quell’amica che non ha più una mamma. E poi ti ricordi che i primi di Gennaio andrai a Siena, e poi a Bologna. A visitare l’università, con l’altra tua amica. Quella che ti tiene con i piedi incollati al suolo, ma che ti da forza e coraggio. Che sa farti ragionare quando sembra che tutto vada a puttane, che ti aiuta e ti sostiene, sempre e comunque. E la sua fede così forte in quegli attimi è anche tua, la percepisci. Perché, andrai all’università. E andrete nella stessa città. Insieme. E tu sei la più pazza del gruppetto, quella folle, che coinvolge tutti con la sua solarità, la sua allegria, la sua vivacità. E poi ci sono le altre. Quella rinata grazie ad un amore nuovo, che l’ha salvata da un dolore in cui stava sprofondando, quella che solo a scuola si sente a casa perché una casa vera non l’ha ma avuta, quella che ti fa tenerezza e ti fa incazzare ogni volta che piange per delle cose che a te sembrano stupide, insensate, ma che per lei contano. C’è quella con problemi alimentari che da anni si aggrappa alla vita, per vincere. C’è quella che, nonostante questa vita stronza le abbia tolto la madre, continua a ridere, mascherando in parte la sofferenza. C’è poi quella calma e pacata che quando ride la senti fino in Kenya. C’è quella che, perdendo l’amicizia della sua migliore amica, continua ad andare avanti, incazzandosi con la vita che le offre solo ragazzi sbagliati. E infine c’è la tua classe, nella sua totalità. Che vita sarebbe senza quelle pazze criminali delle tue amiche? Avete condiviso tutto, dalle gioie ai dolori, cicatrizzando le ferite con le risate, per le cose più stupide. Unite a Roma, a Parigi, a Berlino, a Firenze. Dovunque andiate, sempre insieme. Perdonate lo sfogo in seconda persona. Oggi mi è presa così. Amen.