Sbocciata

...e nei prati che perdemmo le parole vergini [cp.6]


© photos by Federico FedericiVoglio parlarti di quella nuvola, te ne accennai la nottein cui ti baciai i capelli Veronica, quella notte nel fienile di Indaco,quando fuori le tele del ragno erano fitte e scompostepoco argentee e incrostate di sale. Sapevi di rose rosse e di meravigliosi iris, ma non fu quelloche mi fece piangere, ma bensì il tuo saluto dolente a Vivianne,tu scrivi a lei ogni giorno da quando sei qui, con me e la mia strana famigliola. Ti vedo sederti e poi raggomitolarti, vicino alla quercia,quella che sta morendo, perché a volte mi dici ti senti un po’ come lei, in lento decadimento. Dici che hai bisogno di quei fili d’erba e di quella corteccia sfibrataper percepire meglio le parole per lei. Mi porti sempre i fiori che crescono fragili lì, per metterli in quei vasetti,puliti, liberi della marmellata di mia madre. Spesso ci ritroviamo le ossa sedimentate come vecchie cattedrali,sappiamo d'esser mancanze incastrate fra le strutture portantie quando il sole c'acceca abbiamo l'amore sfinito a flettersi. Ed io so che quando crederò d'esser immensa,alla fine sarò solo una perdita di polvere la caduta del basimento dell'altaree di questa illusione che ci sa rendere un pò più immensi. Quando poi, saprò d'avere le tue preghiere,saprò d'esser fra le meraviglie del mondo che decadein piccoli crolli durante terremoti di spasimi.