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« Delibera impugnabile se ...

Danni arrecati da umidità di risalita: l’ unico responsabile è il proprietario e non il condominio

Post n°7 pubblicato il 19 Dicembre 2011 da rag.carlosorrentino

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 25239 del 29/11/11

Dei danni provocati dall'umidità di risalita al locale semininterrato di proprietà esclusiva, ne risponde il proprietario che deve farsi carico dei necessari interventi di manutenzione. Le infiltrazioni sono risarcibili, infatti, se superano la normale tollerabilità.
 
Nella sentenza si legge:
 
Sulla base dei criteri previsti dall'art. 844 cod. civ., deve ritenersi che il G****. debba tollerare le infiltrazioni provenienti dalle fondamenta e dal terreno condominiale, considerato che queste si producono per l'effetto delle risalenti tecniche di costruzione, all'epoca socialmente accettate anche in considerazione della destinazione a magazzino, con conseguente esclusione di qualunque vizio del fabbricato; conseguentemente gravano su di lui le opere per difendersi da tali infiltrazioni ritenute intollerabili con la nuova destinazione. Conferma della ragionevolezza di tale impostazione si ricava dalla circostanza che, secondo il consulente, l'intervento che il G**** dovrebbe realizzare nel locale di sua proprietà (una tramezzatura interna a guisa di intercapedine) sarebbe più economico di eventuali opere sulle strutture comuni (impermeabilizzazione delle pareti controterra, previo scavo e successivo riempimento con materiale drenante e rifacimento del marciapiede) alle quali il condominio è stato condannato dal primo giudice.
 
2. Con l'unico motivo di ricorso si deduce travisamento dei fatti e violazione e falsa applicazione di norme di diritto, chiedendo alla Corte (con il quesito) se il condominio, quale custode, sia obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino danno alla proprietà esclusiva del singolo condomino, dovendosi escludere qualunque limitazione quantitativa del danno riconducibile alla normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ., anche se i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, in ipotesi comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore.
 
2.1. Il motivo va rigettato perché la decisione è conforme a diritto; ma, correggendo in tal senso la motivazione, deve essere rettificato l'erroneo riferimento al'art. 844 cod. civ., contenuto nella sentenza impugnata.
 
2.2. Palese è l'inconferenza del riferimento all'art. 844 cod. civ..
 
È sufficiente ricordare che tale norma prevede un criterio legale, quello della normale tollerabilità, per la soluzione del conflitto nascente dall'interferenza del godimento di un "fondo" con il godimento di un altro "fondo", nel caso di immissioni di fumo, calore, rumori, e, in genere, in tutti i casi di propagazione di sostanze inquinanti. Il superamento della normale tollerabilità legittima la pretesa dell'adozione di misure antirumore, antinquinamento ecc. e, se non bastasse, della cessazione dell'attività molesta.
 
Mentre, in un'ottica radicalmente diversa, l'art. 2051 cod. civ. - sul quale si fonda l'azione intrapresa dal G****- disciplina la responsabilità per danni causati da cose in custodia. 2.3. Ricondotta la soluzione della controversia nell'ambito proprio dell'art. 2051 cod. civ., il rigetto della domanda, ritenuto dalla Corte di merito, è conforme a diritto.
 
È costante nella giurisprudenza della Corte il principio secondo cui la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni cagionati dalla cosa, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, il quale può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (da ultimo Cass. 7 aprile 2010 n 8229).
 
2.3.1. Nella specie, il giudice del merito, al di là dell'inappropriato riferimento alle infiltrazioni tollerabili, sulla base della consulenza tecnica, ha ritenuto che: le infiltrazioni provenienti da parti comuni dell'edificio, da cui scaturiva l'umidità del locale di proprietà esclusiva, erano riconducibili alle tecniche in uso all'epoca della costruzione dell'edificio, tecniche idonee rispetto alla destinazione dello stesso a magazzino, e alla mancanza di aereazione; con la mancata aereazione del locale, conseguente al mutamento della destinazione di uso da magazzino a locale commerciale, le infiltrazioni si erano aggravate. In tale modo, ha accertato che il fatto del danneggiato, costituito dal mutamento di destinazione d'uso - impedendo la normale aereazione del locale seminterrato, le cui caratteristiche costruttive erano compatibili con tale aereazione - ha avuto efficacia causale tale da interrompere il nesso tra la cosa e l'evento dannoso, integrando il caso fortuito richiesto dalla legge perché il proprietario custode sia esente da responsabilità.

 
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