niente da dire

bellezza e oblio


Ho cominciato a leggere un libro di Romain Gary. L’ho comprato tempo fa ma non era mai il momento, poi ho visto un’intervista a Fabio Volo e m’è tornato in mente. Fabio Volo lo sento cinque minuti circa ogni mattina prima di andare in ufficio, mi mette allegria. Allegria anche in un giorno grigio e freddo, uno di quelli in cui non avresti voglia nemmeno di alzarti dal letto.Mi piace come scrive (scriveva?) Romain Gary e mi piace anche come scrive Marcela Serrano, quella del post procedente. Nel libro che ho letto, l’unico che ho letto di lei (finora), parlava di una serie di donne che avevano in comune una psicoterapeuta e tante storie strampalate. Mi ci sono riconosciuta a tratti. Succede qualcosa, ogni tanto, qualcosa che cambia la tua vita in modo totale, qualcosa che non si può programmare o prevenire, capita e basta. E il tempo continua a passare e quando arrivano i week end ti prende quella smania, quell’assenza di voce insopportabile, quel rumore di pensieri così insostenibile che non si può far altro che fuggire. Prendo un treno e vado. C’è sempre qualcosa da vedere, da conoscere. Una città in cui non ero mai stata, una mostra che non avevo visto, un concerto, uno spettacolo teatrale. La bellezza e l’oblio hanno un effetto terapeutico su di me. La prima la cerco, il secondo non è esattamente tra le cose che mi riesce meglio. Esiste un oblio selettivo? Un po’ come quando sposti le cose che non usi in soffitta, metti nello scatolone che piazzerai lontano quello da cui non vedevi l’ora di separarti, in quello leggermente più vicino le cose che per ora non ti servono ma che ogni tanto, lo sai, ti farà piacere rivedere, in quello a portata di mano quello che vuoi tenere sempre con te, che ti fa compagnia. Ecco io vorrei sapere come si fa ad allontanare in modo definitivo il primo contenitore. Ogni volta che cerco di riempirlo gli oggetti mi scoppiano in mano e il rumore che producono continua a ronzarmi in testa per giorni e giorni. Se ne esce – mi dice lei – ma il dolore è un passaggio obbligato. Fingo di crederle.C’era questa mostra alla Galleria di Arte Moderna di Torino dedicata, tra l’altro, alla malinconia.Ci sono andata poco dopo Natale e ho pensato che fosse lì per me. Perché io potessi entrarci dentro.Sono stati quattro giorni intensi a Torino, una fuga in piena regola da troppi giorni senza lavoro.La chiamo fuga, ma mica lo è. Mi porto dietro tutto quello che vorrei lasciare, è solo che cerco qualcosa che sposti il pensiero, è solo che viaggiando sola sono obbligata ad occuparmi di me. E questo mi distrae come poco altro.