La chiesa cattolica argentina conosceva e approvava i metodi usati dai militari durante la dittatura.
Nel marzo del 1995 il capitano di fregata Adolfo Scilingo mi raccontò che durante la dittatura aveva gettato in mare da un aereo trenta persone ancora vive, che erano state sequestrate e torturate nella Scuola di meccanica della marina (Esma), il principale campo di concentramento della marina militare argentina. Aggiunse che, secondo i suoi superiori, la gerarchia ecclesiastica approvava questo metodo, perché era un modo “cristiano e poco violento” di morire. Al ritorno dal primo volo, Scilingo era in preda ai sensi di colpa, ma il cappellano dell’Esma lo tranquillizzò citando la parabola biblica in cui si racconta della separazione del grano dall’erba cattiva.La confessione di Scilingo scatenò una reazione nell’opinione pubblica che mi sorprese. Questa volta la novità era che a parlare fosse uno degli assassini, non una delle vittime sopravvissute. Questo dimostrava che nelle loro testimonianze le vittime avevano detto la verità e le due versioni dei fatti coincidevano. Dopo le rivelazioni di Scilingo, Emilio Mignone, presidente e fondatore del Centro di studi legali e sociali (Cels), chiese di aprire un processo per chiarire cos’era successo a sua figlia Mónica Candelaria, sequestrata insieme a due sacerdoti e a un gruppo di catechisti che come lei lavoravano in una baraccopoli di Buenos Aires. Il tribunale accolse la sua richiesta e aprì un’inchiesta.La confessione di Scilingo ebbe un effetto dirompente anche tra i figli delle persone arrestate e scomparse durante la dittatura, che avevano vissuto nell’isolamento e nella paura per anni. Questa generazione di giovani si affacciò senza più timore sulla scena politica del paese e il 24 marzo 1996 un’enorme folla riempì plaza de Mayo per chiedere verità e giustizia. Sia le vittime sia i carnefici, nelle loro testimonianze, parlano del ruolo della chiesa cattolica nello sterminio di centinaia di persone durante la dittatura. In ogni contingente militare c’era un sacerdote che aveva il compito di convincere i detenuti a collaborare con l’esercito. Alcuni religiosi usavano l’uniforme da paracadutista e il presidente della conferenza episcopale, il cardinale Raúl Francisco Primatesta, aveva ricevuto un brevetto aereo ad honorem. Nel 1976 il giornalista Jacobo Timerman, durante un pranzo con uno stretto collaboratore del capo della marina Emilio Massera, disse: “Sarebbe meglio introdurre la legge marziale e condannare gli imputati alla pena di morte, solo dopo averli sottoposti a un regolare processo”. Ma il collaboratore di Massera rispose: “In questo caso interverrebbe il papa e sarebbe difficile proseguire con le fucilazioni”.
continua...