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CASA DOLCE CASA


 
La prima, quasi otto anni fa, è stata quella di nascita.La casa in cui ho giocato con i miei fratelli, disegnato su fogli attaccati alle pareti, fatto torri di rotoli di carta igienica a marchio FS.La casa pervasa di profumi succulenti, di dolci e ogni altra bontà che saltava in testa di preparare a mia madre.La casa del Natale, che cominciava a fine novembre e continuava fino all'Epifania, accompagnato dal suono del pianoforte che rimandava di continuo le note della Pastorale.Quei giorni lì erano un laboratorio di veline, colori, nastrini, palline di polistirolo, legno, colla, bottigliette di succo di frutta e tutto quello che la fantasia di mamma e bambini permetteva di trasformare in decorazioni esuberanti e molteplici.La casa sempre diversa.Un giorno tornavi da scuola e trovavi papà che stava ridipingendo. Non solo le pareti, no!Lui amava anche ricolorare i mobili della cucina e così negli anni sono passati dal bianco al rosso, dal verde al giallo, secondo l'estro del momento.Anche le camere cambiavano spesso disposizione.Nei pomeriggi pigri d'estate la mamma all'improvviso diceva: "Angelo che ne diresti se ..." e via: la cameretta delle femmine, ben quattro, in quella del maschio, il salotto in camera da letto.Tutto un girare di mobili fin quando non trovavano una nuova temporanea collocazione.La casa in cui studiavo ripetendo a voce bassa, disturbata dai cori dei miei fratelli che, a voce altissima, imparavano nozioni di anatomia e medicina.La casa in cui un giorno di settembre ho atteso, seduta in un angolo della camera da letto, che mia sorella smettesse di respirare.Perché quel respiro che tornava a tratti era molto più doloroso del silenzio.La casa in cui ho vissuto per un anno completamente sola e non sono stata affatto male con le mie cose, i miei libri, le mie tele, il frigo colmo delle sole cose che amo mangiare, le mie abitudini e la mia compagnia.La casa con la camera giallo sole riempita di palloncini, il letto sparso di confetti e petali di rosa.Con la sedia di vimini e ferro battuto dove appoggiare l'abito di pizzo, il bouquet di roselline e le forcine dei capelli.
Quella stessa camera che molto presto ha dovuto accogliere un lettino da neonato, quasi sempre vuoto, perché Federico dormiva solo in braccio o per pochi minuti nel passeggino.La mia casa nel meraviglioso mondo delle locomotive che ora è abitata chissà da chi ...E' seguita la prima casa acquistata.Vicina a quella di mia madre per evitare che facesse troppa strada quando ne avevo bisogno come baby sitter.Ristrutturata con amore e cura dei particolari.Una casa molto romantica, con la cucina country e il pavimento in pietra antica.Federico ha avuto lì la sua prima cameretta, decorata a pannelli di compensato che riproducevano gli animali e i personaggi del circo.Ultimo lavoro fatto insieme al mio papà: io ho disegnato e dipinto, lui ha tagliato il legno.Ci abbiamo abitato due anni. L'ho lasciata il giorno del mio trentacinquesimo compleanno.
Gli addetti al trasloco cercavano di convincermi che in fondo avevo fatto un salto di qualità.Una casa in affitto si, ma così grande, con tanto giardino.Forse la scelta dei colori era stata un po' eccessiva, ma quel rosso, turchese, arancio, verde e rosa intenso di cui mi ero circondata, erano un tentativo malriuscito di soffocare tutto il grigio che sentivo dentro.Di Salzano ho bei ricordi, soprattutto delle vicine di casa.Quella accanto non mi ha mai salutato in un anno e mezzo, anche se a dividerci c'era un muretto alto non più di un metro.Non posso però dimenticare le buste che trovavo appese al cancello, riempite di mascherine ritagliate nel cartoncino o di vasetti dipinti a mano, che Franca lasciava per i miei bambini.
E Loretta e suo marito sono sempre stati tanto gentili con noi.Dovrò sempre ringraziare Tiziano per quella volta che venne a prestarmi un termometro alle due di notte perché il mio era rotto e per quell'altra, che mio marito non c'era e io non sapevo riparare la bicicletta di Federico e per fortuna ci pensò lui.E mi mancano tutti i caffè bevuti insieme all'ombra del pergolato di kiwi mentre i miei bambini e le loro due facevano il bagno in una piscina gonfiata in mezzo al prato.Si dispiacquero molto quando seppero che ci trasferivamo a Scorzè, ma a noi è sempre convenuto acquistare piuttosto che restare in affitto e in quel paese avevamo trovato una casetta perfetta.Ogni sera presentavo a mio marito i miei progetti di arredo, puntualmente sconvolti il giorno dopo.Ogni sera lui li guardava appena e diceva "Bello", senza attenzione né convinzione.Gli anni in Veneto non sono stati facili per nessuno di noi e nemmeno riesco a credere come siamo riusciti a far tornare il sereno dopo aver toccato così tanto il fondo.
Ma questa è la cosa di cui vado più orgogliosa della mia vita: continuare a credere nella famiglia e nella forza del volersi bene e starsi accanto, sempre. Non c'è casa o posto o rinuncia o compromesso o tristezza che tenga.Ora abito in una quinta casa, che ho difficoltà a lasciare perché si trova in una posizione comodissima per tutto.Dovrò farlo al più presto: stare qui è un'impresa che non vale la spesa.
Avevo quasi trovato un nuovo nido giusto per noi, ma i venditori si sono tirati indietro all'ultimo momento.E sono di nuovo in cerca, combattuta tra il voler fare prima possibile e il voler fare la scelta migliore, oltre che limitata da un budget non compatibile con il locale mercato.Dove porteranno stavolta i dadi che continuiamo a tirare sul nostro personalissimo tabellone di Monopoli?Forse di nuovo in una casa al bordo della ferrovia, ad ascoltare lo sferragliare dei treni che da bambina mi rendevano tanto orgogliosa del mio papà.