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CHIATONA 2010 - I ricordi della nonna


 Il mio papà era nato il 31 dicembre del 1900.E' morto il 12 ottobre del 1940, nel canale di Sicilia, davanti alle coste africane.Non morto, disperso.Il suo corpo non è stato mai trovato, così io, nelle mie fantasie di bambina e a volte ancora oggi, me lo immaginavo vivo.Si, doveva essere andata in questo modo: si era salvato, aveva raggiunto a nuoto la terraferma e poi chissà, aveva perso la memoria.Qualcuno l'aveva trovato, si era rifatto una vita e io avrò forse dei fratelli africani che non conosco.Mio nonno e mio zio cercarono sue notizie a lungo dopo la guerra.Chiesero agli uffici della marina militare e ai sopravvissuti delle altre navi.Nessuno ha mai potuto confermare nulla.Mio papà era direttore di macchina e allora deve essere andata in un altro modo; era giù al suo posto di lavoro quando l'incrociatore inglese ha affondato l'Ariel.Erano usciti in perlustrazione di notte, al buio, per un comando arrivato improvviso la sera prima.L'Ariel, l'Airone, l'Alcione, l'Aretusa, tutte le cacciatorpediniere di base a Messina.L'incrociatore inglese ha attaccato, ha affondato le prime due, Airone e Ariel.Non si è trovato il corpo, mai, la bomba deve aver fatto a pezzettini mio padre.Io me lo ricordo bene, anche se avevo solo quattro anni.Era l'undici ottobre, il giorno prima, era arrivato un telegramma, diceva: "Domani arrivo, licenza di qualche giorno."La mamma uscì a farsi bella, il nonno a comprare provviste per il pranzo.Il 12 mattina abbiamo acceso la radio, a casa nostra c'era la radio, e abbiamo sentito di quello che era successo nella notte ma nessuno si è preoccupato.Papà a quell'ora era sicuramente già partito per la licenza.Ho guardato il nonno e ho detto: "Babbo non torna più, lo so che non torna."Nonno mi ha dato uno schiaffo, l'unico della sua vita, così forte che mi pare ancora di sentirlo quando ci penso.Più tardi è arrivato un secondo telegramma che comunicava lo spostamento della licenza per cause non previste.Hanno capito, io lo avevo capito già, lo sentivo.Era il 1959, diciannove anni dopo.Avevo venticinque anni ed ero in archivio a fare il mio lavoro.C'era un collega, un ex ufficiale di marina.Capitò per caso il discorso e gli raccontai questa storia.Mentre raccontavo, lo vedevo diventare pallido e lo sentivo mormorare. "Non è possibile, non è possibile ..."Allora mi sono fermata e ho chiesto: "Cosa c'è sig. XX? So che anche lei ha combattuto, sono troppo dolorosi questi ricordi?"E lui con un filo di voce ha risposto: "Dovevo essere io ...al posto di suo padre ci sarei dovuto essere io. Aveva chiesto la licenza, doveva partire la sera dell'undici e io l'avrei sostituito. Ho avuto un attacco improvviso di appendicite, mi hanno ricoverato di urgenza e lui è rimasto su quella maledetta nave ... al posto mio." Questa è la storia vera dell'infanzia di mia madre.Non mi ha mai emozionato quando la sentivo da bambina, mi infastidiva piuttosto.Preferivo quei racconti divertenti della corvetta sulla quale stava mio padre.Quelli che parlavano del contrabbando di sale e sigarette, dei topi che salivano sulle corde delle navi quando erano attraccate nei porti, della forte ubriacatura a suon di whisky che lo ha reso praticamente fuori uso per tre giorni dopo l'armistizio dell'otto settembre del 1943.Sentirla raccontata ai miei bambini, mi ha fatto tutto un altro effetto.E' un pezzo di vita e di storia.Dà il senso della precarietà dei nostri giorni e fa comprendere perché involontariamente mia mamma ci abbia trasmesso un'ansia esagerata nei confronti dei pericoli.Mi conferma che il caso non esiste.E mi fa vivere un po' di quel nonno che non ho mai conosciuto.Chissà, magari ho qualche zio in Africa e non lo so.