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A BOLOGNA E' GIA' PRIMAVERA


ma che casino, quanta gente, cos'è sta confusione?c'è una puttana, anzi no: è un busoneBologna, sai mi sei mancata un casinoQualche sera fa sono stato a Bologna per una cena tra amici.Era tanto tempo, troppo, che non mi facevo un giro per le strade del suo centro storico, e così la città ha pensato di riservarmi un'accoglienza particolarmente affettuosa, si è truccata con cura e si è messa il suo vestito più bello.Perchè una sera di primavera appena nata, nel centro di Bologna, quello dove non si perde neanche un bambino, è la scenografia di un film di Pupi Avati. Uno di quelli venuti bene.Gente allegra e vitale dappertutto. Mille bar pieni di ragazzi sorridenti, le trattorie con i tavoli all'aperto, il profumo dei tigli, le luci gialle dei portici.Non innamorarsi di questa città, in una serata così, vuol dire esser morti.Per noi ferraresi, Bologna somiglia tanto ad un bel sogno, alle cose belle che noi non potremo mai avere, perchè ci affascinano tanto quanto ci spaventano.La gioia di vivere, quella vera ed assoluta, non fa parte del nostro dna, noi si viaggia col freno a mano tirato.Al massimo, ci piace osservare il suo manifestarsi con una punta di bonaria invidia, ma lasciarsi andare no, quello mai, se qualcuno che ci conosce ci stesse guardando che cosa racconterebbe di noi?Se si prende quella famosa canzone di Paolo Conte, si sostituiscono le parole Genova con Bologna, e pioggia con nebbia, ecco spiegato, molto meglio di come potrei mai fare io, come ci sentiamo noi bassaioli verso la città del Nettuno.Anche a me che pure la amo e ci ho passato tanto tempo (università, naja, lavoro) mi ha sempre suscitato emozioni in agrodolce: un luogo bellissimo ma nel quale sarei rimasto per sempre solo un ospite, per quanto immancabilmente e dovunque bene accetto.Eppure qui ho passato momenti di vera gioia, ho conosciuto amicizie che durano nel tempo, ho persino rischiato più di una volta di venirci ad abitare.Forse il periodo in cui mi sono sentito più "bolognese" è stato quando lavoravo per Telecom in via Goito, in un palazzo antico e restaurato come l'opera d'arte che in effetti era, e pranzavamo ogni giorno in una trattoria diversa.Ce n'era una in via Bertiera gestita da due busoni fantastici, uno in cucina e uno che serviva ai tavoli; litigavano continuamente, con stoccate e urla stridule, sembravano Tognazzi e Serrault ne Il Vizietto. Spesso c'era Alessandro Haber seduto in solitudine ad un tavolo, ubriaco fradicio, che parlava a lungo con sè stesso.Più Bologna di così, si muore. Dopo un anno bellissimo, mi vedevo già svegliarmi il sabato mattina in un appartamento luminoso in un palazzo di via Oberdan, scendere per cappuccino e brioche in quel bar quasi parigino all'angolo con via Rizzoli, a leggere il giornale seduto fuori ad un tavolino, mentre i tram sferragliavano verso le due Torri.Poi fui trasferito e il sogno finì lì, ma era un quadro bello da immaginare.L'altra sera, mentre cenavamo all'aperto, con un mucchio di risate, alla Taverna del Postiglione, abbiamo fatto diversi brindisi.Non l'ho detto a nessuno, ma un calice l'ho dedicato alla "mia" Bologna, a quel sogno di qualche anno fa, a tutte le persone che qui ho conosciuto, a quello che poteva essere e non è stato, e forse è meglio così.In ogni caso, grazie di tutto.