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ESTATE, TEMPO DI AMORI GIOVANI


Occhi di ragazzaQuanti cieli quanti mari che mi aspettano Sabato a mezzogiorno.C'è un caldo quasi mortale, ma non posso evitarlo, ho un appuntamento.La location non è banale: incrocio tra corso Ercole d'Este e via Certosa. Chi conosce Ferrara sa che è un luogo mistico. O almeno lo è per me. Sono lì che aspetto, seduto su un fittone all'ombra dei pioppi, e ascolto le cicale.Butto uno sguardo a destra e a sinistra, con la vista che spazia libera dal Castello fino alla Casa del Boia: non c'è nessuno, proprio nessuno. Troppo caldo per starsene in giro. Chiudo gli occhi, tranquillo che, in quel deserto dei tartari, non potrò essere scambiato per un matto. Mi è sempre piaciuto tanto il frinire delle cicale, è il rumore dell'estate, di quelle estati infinite che c'erano tanti anni fa, e adesso non mi capita quasi mai di potermelo gustare con calma. Ogni tanto sollevo leggermente le palpebre, ma poco, quel tanto che basta per distinguere i colori ma non gli oggetti. Azzurro, verde, mattone.Qual è poi la realtà del mondo, gli edifici, le strade o i suoi cromatismi?Ad un certo punto, sento una risata, anzi due.Sono risate giovani: una femminile, d'argento, e una maschile, di bronzo.Limpide e libere, nessun veleno della vita ancora può velarle. Apro gli occhi e vedo due ragazzi, sull'orlo della maggiore età, che vengono in bici verso di me. Pedalano sul marciapiede deserto per evitare i ciottoli, e si tengono per mano, e ridono. Ridono.Manco si sono accorti, loro, che ci sono quaranta gradi. Mi passano accanto, un fantasma seduto su un paracarro di marmo, lei mi guarda per un secondo, come a scusarsi, mentre lui, più timido, passa per un attimo ad un sorriso più tenue e silenzioso.Li osservo ancora per un pò mentre vanno verso la Mura, e li sento ridere ancora più forte, probabilmente per una battuta.La risata si allontana piano piano, fino a confondersi in quell'ipnotico sottofondo di cicale.E' un attimo, e sono passati.Per sempre.