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Alghero: la sua musica VII - Il Festival 1985


Il 18 maggio 1985 nel Teatro Selva si è svolto l'ottavo Festival della Canzone Algherese.Questa manifestazione è un significativo saggio di quanto gli operatori del settore musicale propongono nell'attualità. Un momento di sintesi e di proposta nell'ambito del nostro microcosmo culturale.Tutto confezionato con uno squisito sapore casereccio, nel quale ci si riconosce ed è bene tuffarsi.La sala è stracolma di spettatori, il pienone, e tanta gente in piedi quando il sipario si alza ed è tutto un susseguirsi di sorprese, frammiste alle immancabili, simpaticissime, rispettive disfunzioni di uno spettacolo in diretta fatto da dilettanti.È l'arte più viva, quella vera, quella degli uomini così come la producono prima di manipolarla con la scuola e il tecnicismo. Niente feticci, tutto è immensamente grande e contemporaneamente piccolissimo.A tratti l'amplificazione viene a mancare; nel chiudersi, il tendone rovescia il microfono che, con un fracasso infernale, batte sull'impiantito del palcoscenico; gli strumenti devono essere accordati ed è estenuante l'attesa dell'inizio del brano.I presentatori usano un'infinità di lingue rendendo del tutto incomprensibile la nazionalità alla quale appartengono.L'invadenza dell'organizzatore stiracchia paurosamente le lungaggini dello spettacolo, gli inciampi sono innumerevoli, il pubblico si diverte da matti.
È la festa dei giovani, sono i nostri ragazzi ad esibirsi, sono bravi, fantasiosi, spigliati, padroni della musica e degli strumenti. Voci di cantanti veri, come quelli reclamizzati dai mass-media, come quelli che guadagnano fior di milioni in una sola serata.Macchiette e cabaret, majorettes e cuori infantili sono il contorno delizioso di questa insalata russa del nostro festival. Lo spettacolo è una vera e propria maratona, si sa pressappoco quando inizia ma non si sa quando finisce.Dietro le quinte nessuna emozione, nessuna rivalità; è la festa di una grande famiglia che si ritrova con le proprie cose per sentirsi più vicina, più autentica.Solo qualche autore firmatosi con pseudonimo si aggira tra le file delle sedie e la folla, in piedi, ansioso, alla ricerca di un trionfo che sarà banalmente ripetitivo ed effimero. Il contenuto delle composizioni quest'anno è a tema unico.A parte le arcadiche affermazioni per un perduto Eden di una natura bella e incontaminata, vagheggia un generale senso di angosciosa solitudine esistenziale con riferimento ai poveri (fantasmi del passato) e a malati.La musica è decisamente quella leggera, internazionale con, in qualche composizione, chiara e più positivamente marcata influenza della musica tradizionale sarda.Tutte le canzoni sono sponsorizzate da ditte locali, che offrono abbondanza  di trofei per cui nessuno è scontento, tutti portano a casa un qualche segno di questa premiata fatica e buona volontà.Si arriva alle due del mattino quando il pubblico stremato dall'allegria e dall'estenuante attesa della conclusione di una scenetta, inizia a protestare: "Basta, è ora di finirla!"E mentre sul palco si replica la canzone vincitrice, gli spettatori fanno ressa alle porte d'uscita per ritrovarsi all'aperto e respirare una boccata d'aria fresca da conciliare con il prossimo piacevole torpore del sonno.Pubblicato nel numero di giugno 1985 di Nuova Comunità