Creato da vantheman il 19/05/2007
e tu non lo sopporti
 

 

Post N° 44

Post n°44 pubblicato il 26 Giugno 2007 da vantheman
 

"Sai, io non voglio essere a tutti i costi originale. Mi va bene così. Se sono unico ed irripetibile, lo devo soltanto a quel miscuglio di geni che in nessun altro essere umano si è ripetuto e si ripeterà mai, e non ad un dragone variopinto tatuato su una spalla e ad una spider di colore rosso fiammante. E' paradossale, eppure questa tua rincorsa affannosa a voler essere per forza vistoso, eccentrico, fuori dal normale, ti rende, oggi, molto più uguale di me a tutte le altre persone. Io non faccio nulla per essere come sono, e non devo dimostrare niente a nessuno. I miei amici si contano sulle dita di una mano e nessuna smania mi assale di conoscere gente nuova. Se viene bene. Se non viene, verrà. E se non verrà, bene lo stesso. La vita è l'arte dell'incontro e molto pochi sono gli artisti veri. Non sono né poeti, né attori. Tutta questa energia spesa per costruirti, non la capisco. Tutti hanno un dragone variopinto tatuato su una spalla, ed una spider di colore rosso fiammante. Vedi, io, senza neanche alzare un mignolo, facendo nulla, lo stesso mi distinguo, senza neanche volerlo. E, forse, ho molte più cose da dire di te, che fai il tipo originale ed invece suoni a vuoto quando con le nocche di una mano ti dò un colpo sul cranio."

 
 
 

A CHE SERVE VOLARE

Post n°40 pubblicato il 22 Giugno 2007 da vantheman




“…Non voglio diri al mondo che amo la ragazza de un amigo mio…”
Io non ho mai amato la ragazza de un amigo mio. Ma posso immaginare tutto il tuo travaglio interiore, Roberto. Ma tu ti cacciavi sempre in brutte storie, come quella volta che ti sei lanciato, per una donna, in una corsa folle in automobile. “…Ma a che serve volare, sempre volare, quando l’amore non aspetta più te… VRUUUUUMMMMM…" Pure l’effetto speciale! Avevi la macchina smarmittata.
Chissà che fine hai fatto, Roberto! Magari hai accelerato a morte e sei riuscito a raggiungere in tempo l’amore, che ti ha anche aspettato. Magari ti sei sposato, con la ragazza dell’amigo tuo. Oppure è andato tutto all’aria. Non sei arrivato in tempo manco per il cazzo. Anche la ragazza dell’amigo tuo si è defilata, dopo averti illuso.
Mi ricordo di te, Roberto. Eri Roberto Carlos, il cantante brasliano che impazzava quando ero ancora un bambino.
Io, oggi, camminavo con le mani in tasca, immerso nei miei pensieri. Poi, all’improvviso, una musica, che usciva da una casa. La tua musica. Mi sono fermato un attimo, è mi è stato fatale. Sono tornato improvvisamente indietro, in un tempo ormai lontano.
“…Ma a che serve volare, sempre volare…”
VRUUUUUMMMMM… Ma il tempo, poi, accelera di nuovo.
Si riprende il cammino. Gli occhi tornano a vagare. E’ sempre laggiù all’orizzonte il futuro.
"Ed io tra di voi, se non parlo mai..." Ti hanno messo in mezzo caro Aznavour, lo so. E’ sempre la solita, brutta storia. Ma non cominciare anche tu.

 
 
 

SENTO UNA MUSICA

Post n°38 pubblicato il 20 Giugno 2007 da vantheman

Sento una musica dentro,
stasera,
come una tristezza.
Me la sento nello stomaco
e nel petto.
E me la sento fino agli occhi.

"Corri, vita.
Stringi i denti, vita.
Vai alla fine."

Sento una musica,
stasera,
come una rabbia dentro,
stanca,
disperata
impotente.

"Corri, vita.
Stringi i denti, vita.
Vai alla fine."

E sento anche un'altra musica,
intorno a me, adesso,
come una infinita
dolcezza.
E sono finalmente libero,
dopo l'orribile morte.


(a Bobby Sands, combattente dell’IRA, morto dopo 65 giorni di sciopero della fame nelle carceri di Lady Margareth Thatcher; 1954 - 1981)





 
 
 

DOVE E' MORTO PASOLINI

Post n°37 pubblicato il 20 Giugno 2007 da vantheman

Neanche io, Nanni, fino a domenica scorsa, ero mai stato nel posto dove è stato ammazzato Pasolini. Mette una grande tristezza quel posto. Ed anche rabbia.

 
 
 

I cavalli vedono come noi, ma con vista cavallina

Post n°36 pubblicato il 19 Giugno 2007 da vantheman



"I cavalli vedono come noi, ma con vista cavallina".
(Renzo, "muro di gomma")

Una sera mi hai detto: "sono così dolce che sono sempre amareggiato". Quasimodo è impallidito. Ed hai vinto il Nobel, anche se il premio è stato consegnato allo scrittorucolo di turno, e tu non sei mai andato a Stoccolma in smoking. Quella sera mi hai meravigliato e ti ho voluto bene, anche se mi infastidiva la tua logorrea asfissiante ed infantile. Quando te ne andavi chissà dove o muovevi le labbra in un brusio senza parole, strabuzzando gli occhi dietro le tue "supermaxi lenti" (come le chiamavi tu), ti osservavo con la coda dell’occhio, ed eri l’enigmatica Sfinge. La mia tiroide sta bene, a dispetto della tua, che è stata il tuo destino di eterno bambino. E, poi, sempre quel monologo incessante che annichiiiva ogni minima volontà di dialogo, quella logorrea incontenibile, snervante. Ti chiamavo "muro di gomma", perchè partivi sempre in quarta per i tuoi monologhi senza badare minimamente a quello che ti si diceva. E’ come se le parole ti rimbalzassero addosso, senza scalfirti minimamente. "Siamo gente semplice, stiamo insieme semplicemente", mi dicevi. Ma non era così. Eri così complicato nella tua semplicità. Ti giravo intorno, cercando un appiglio: eri così liscio, "muro di gomma". Non offrivi nessuna porta per venirti a trovare nella tua torre d’avorio. E’ già così difficile incontrare le persone normali tra virgolette, figuriamoci il fanciullo "bizzarro" che eri tu. A dire il vero siamo tutti un pò bizzarri, sofferenti, complicati, solitari. Ma con te le parole perdevano ogni loro potere di gettare i ponti tra le anime sole. Eri così diverso, senza averne colpa. A volte ne avvertivi tutto il peso quando affermavi perentoriamente -"Io sono matto". Ma anch’io sono matto, Renzo, non meno di tanta altra gente. E’ solo che eravamo così diversi e, mi spiace, non potevo farci nulla.


ALLE CAPANNELLE

Perché la forchetta
si chiama forchetta?
Mi chiedi.
Zitto e guida!
Dici scemenze.
Che cazzo ne so io!
Viene tutto dal latino.
E gira lo sterzo,
che c’è la curva.
L’ippodromo è laggiù.

Puntiamo su Big Boss.
Lo cavalca Dettori.
Prenderemo poco,
ma è sicuro.
Facciamo un po’ di soldi,
così, poi, rischiamo tutto.
Però ci sto pensando
anch’io.
Perché la forchetta
si chiama forchetta?
E perché l’albero
si chiama albero?

Siamo fuori
tutti e due.

Bevi la coca cola
e aspettiamo l’arrivo.
Fumati una sigaretta,
che butto il pacchetto.
Sto pensando perché
un cazzo di cavallo
debba chiamarsi Big Boss
ed un uomo, invece,
Gianfranco Dettori.
E sto pensando anche
perché siamo amici,
noi due.
E non c’è un perché.


(in memoria di una domenica all’Ippodromo di Capannelle insieme al mio amico Renzo, che, oggi, non c’è più. Chiaramente, abbiamo perso quel poco che avevamo. Quel bastardo di Dettori non è arrivato)
















 
 
 

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