NONNA RACHELE

LA GELOSIA


Io e Pierfranco potevamo essere giudicati immaturi vedendo che già grandi commettevamo certi misfatti; invece non era così. Le nostre marachelle erano la nostra valvola di sfogo per la situazione identica che vivevamo in casa nostra. Mia madre era costituzionalmente gelosa e suo padre geloso fino al parossismo. Non eravamo milionari, ma non ci mancava niente, neanche l'affetto; però la nostra vita era spesso funestata dalle liti che avevano sempre lo stesso argomento. Non ci siamo mai abbracciati, baciati e non abbiamo mai pianto insieme, non abbiamo mai parlato di questo che per noi era tabù. Eravamo felici di vederci e organizzare subito la vendetta sotto forma di mascalzonata. A volte ho calpestato i fiori che a mia madre piacevano tanto; lei non ha mai saputo che fossero pure loro le vittime della gelosia. Che fossi stata io, pur conoscendomi, non ci pensava nemmeno; prendeva la colpa il povero LAC, un setter, che lei conduceva sul posto e ammoniva severamente (per fortuna non lo picchiava ). Lui coda tra le gambe e sguardo smarrito implorava la sua pietà. Veniva da me risarcito in seguito con carezze e una caramella di cui credo non abbia mai sentito il sapore dato che l' ingoiava a pillola. Ero molto piccola, quando durante le liti ,sentivo la mamma dire: prendo la bambina e vado via. Dove saremmo andate? E il mio adorato papà? Per fortuna, accadde solo una volta, ma rimase sempre lo spauracchio latente. La sera c' era stata una lite; il mattino dopo, papà andò in Banca e la mamma mi vestì, prese una borsa con alcuni indumenti e con me salì sul   treno per Sassuolo. Io ero insolitamente calma e zitta. I nonni e lo zio ci accolsero sorpresi, la mamma cominciò a piangere e a raccontare; il nonno mi prese in braccio e mi portò fuori, più comprensivo verso il mio faccino triste che verso la figlia di cui conosceva il carattere. Durante il giorno mangiai pochissimo e fu solo a letto la sera che piansi e che feci conoscenza con la nostalgia. La mattina dopo arrivò papà, aveva preso l' unico taxi esistente in città per venire a prenderci. Che felicità, gli volai in braccio e mi abbarbicai al suo collo. Lo zio voleva portarmi a spasso, perchè i grandi potessero discutere, ma non ci fu verso, non mollavo il mio riconquistato papà. Quando finalmente ci apprestammo al ritorno ero tornata ridanciana. La madre di Pierfranco, visse una vita infelice accanto ad un uomo innamoratissimo di lei. A volte uscivano per una passeggiata, lui le passava affettuosamente un braccio attorno alle spalle ed erano l'emblema della felicità e dell' amore finchè in fondo alla strada appariva un uomo che la zia conosceva , un bottegaio o un impiegato alle Poste. C'era il dilemma :lo salutava e subiva poi il terzo grado o fingeva di non vederlo fermandosi a guardare casomai una vetrina di bulloni e pezzi di ricambio? In questo caso se il conoscente non la notava, la zia tirava un sospiro di sollievo, ma in se in caso contrario sentiva "Buongiorno signora !" era finita: “Perchè hai fatto finta di non vederlo ? Cosa c' è tra voi?” La scenata si protraeva nel tempo ed esauriva la zia. Se i genitori sapessero le sofferenze che infliggono ai figli con le loro beghe credo che si taglierebbero la lingua. Se a volte vedete un bambino scatenato o molto maturo abbiate compassione di lui e chiedetevi quali sofferenze abbiano compiuto tale devastazione.          Nonna Rachele