NONNA RACHELE

MIA MADRE


Ecco sempre al secondo posto. Ma no mamma, è avvenuto  per caso. Ho parlato di papà perchè in quel momento.....Boh, non lo so perchè ho parlato prima di lui (o non voglio saperlo.) Ti ho sempre voluto bene, stai tranquilla, ci mancherebbe con tutto quello che hai fatto per me. Non hai scaldato la serpe in seno. Non ho ancora parlato e non certo perchè ritenga di metterlo al terzo posto. Devo parlare delle persone a me care quando mi sento di farlo, non posso agire a comando, sarei artefatta. La mamma era l'unica persona sensata della famiglia. Io e papà se stavamo leggendo un bel libro avremmo anche potuto dimenticare di mangiare; lei sapeva far tutto: aggiustare una presa, cambiare la resistenza al ferro da stiro. La sua grande passione era la fotografia; papà le aveva comprato tutta l' attrezzatura e riusciva benissimo anche se trovava in noi dei modelli impazienti che sbuffavano. Perchè non fotografava i fiori e  gli alberi che non si sarebbero mossi, ne avrebbero chiuso gli occhi? Faceva tutto da sola; si chiudeva in cantina , al buio con una lampada a luce rossa, vaschette e acidi dagli strani odori, fotografava sviluppava e stampava e le  sue foto non sono nemmeno ingiallite. Ce ne è voluto del tempo, ti dico adesso: "brava mamma! ". Perchè è difficile dire le cose al momento giusto? Era poi molto abile a dirimere le controversie e quando capitava qualche divergenza con il fisco, che esisteva anche allora, io e papà ci davamo un'occhiata e dicevamo: ci mandiamo la mamma. Ci andava volentieri e vinceva sempre con la sua dialettica e la sua bellezza.
Allora gli uffici erano  retti da soli uomini e un uomo anche se sa di non ricavarne niente preferisce fare un piacere a una donna bella che a una brutta. Tornava sempre vincitor a bandiere spiegate, felice di farci vedere quanto valeva, ed aveva ragione. Durante la guerra partiva in sella alla sua bici, per la crociata CIBO e un po' per le amicizie che aveva, ma molto per la borsa nera che prosperava, riusciva sempre a portare qualcosa a casa e se non fosse stato per lei io e papà ci saremmo lasciati morire di fame: nel campo eravamo due inetti. Gli artisti che si perdevano in inutili elucubrazioni, lasciando a lei tutto il carico del nostro sostentamento. In genere i suoi progetti andavano a buon fine: un contadino ci  dava di nascosto due litri di latte al giorno; la sera lo metteva in un grande recipiente e al mattino lo scremava e introduceva in una bottiglia il ricavato. A turno dovevamo scuotere e scuotere finchè si formava un grumo grosso come una noce: era il burro. Aveva imparato anche a fare il formaggio col rimanente latte scremato. Adesso che ci penso la mia geniale madre credo non abbia mai ricevuto un grazie; non ci faceva caso, pensava fosse suo dovere nutrirci. Una volta però la sua industriosa mente quasi fallì: aveva comprato tre uova d' oca e le aveva fatte covare alla chioccia, ma quando nacquero quei deliziosi piumini , ci accorgemmo che non avevamo niente con cui nutrirli. Le oche però  non si lasciarono abbattere dal destino avverso e diventarono esclusivamente erbivore. Avevano una linea da far invidia a Naomi  Campel e volavano come aquile. Fecero comunque la fine che noi ci sentiamo autorizzati ad assegnare loro. Dire che le abbiamo mangiate è un eufemismo; le abbiamo succhiate, del grasso che la natura aveva loro assegnato non c’era traccia, si poteva però coi denti staccare la poca carne che avevano rimediato. Non ebbe buon esito neppure la coltivazione delle fragole; la sentivo lamentarsi con le amiche che le lumachine le mangiavano tutti i frutti ed era impensabile dare veleni nell’orto. In realtà le lumache erano solo due, ambedue fornite di gambe e di diaboliche menti: io e Pierfranco. Divagare è un mio grande difetto. Dicevamo? Ah è vero: l’impresa di mamma per farci arrivare alla fine della guerra ebbe enorme sviluppo nell’orto: seminava grandi quantità di carote in quanto si era accorta del largo consumo che occorreva alle fameliche bocche di noi ragazzi. Erano così buone o la fame è il miglior condimento? Non ci ponevamo il dilemma, si estraevano dalla terra, una lavatina e le nostre bocche onnivore erano accontentate. Ma cosa c’entra questo... stavamo parlando di mamma: era un’infermiera perfetta. Quando uno di noi stava male, non esitava a sacrificarsi e a curarci con affetto encomiabile. Papà le aveva comprato un grosso tomo: IL MEDICO IN CASA , lei lo consultava, faceva la diagnosi e mandava a chiamare il dottore, avvisandolo già di quanto aveva stabilito lei. Lui rideva, però ammetteva che aveva fatto una buona diagnosi. A volte io fingevo di avere mal di pancia per meritare le sue coccole e tutte le sue attenzioni. Quando ero malata lei dimenticava il mio malaugurato nome, che la faceva soffrire. Mi chiamava NININ e io naufragavo nel suo soffice seno con un senso di beatitudine.       Nonna Rachele