NONNA RACHELE

SOLIDARIETA'


Non ho mai saputo il suo nome, veniva chiamata  con affetto da tutti: la vecchia. L’unica parente era la nuora che essendo vedova con quattro bambini piccoli da allevare non poteva far molto per lei. Era benvoluta da tutti; i contadini della zona le portavano sempre qualcosa di commestibile e i vicini l’aiutavano portandole su alcuni secchi d’acqua, qualche pezzo di legna e andando a prendere abiti e lenzuola da lavare, poiché viveva sola in un solaio. Allora non esistevano pensioni sociali né altri provvedimenti, se si escludeva il ricovero per anziani che era molto triste e poco curato. Finche la vista glielo permise lavorò all’uncinetto. Durante l’estate, quando i ricchi venivano in villeggiatura, andava a prendere gli ordini: le davano il filato e le commissionavano centrini e coperte nelle quali era maestra. Il solaio era infestato dai topi, ma lei non si lamentava, si limitava a dormire con un bastone col quale si difendeva quando i ratti più audaci le volevano tener compagnia e salivano sul letto. I contadini quando tornavano dal mulino, si fermavano e le lasciavano un po’ di farina che lei metteva in una piccola madia  come provvista per l’inverno, ma un giorno andò ad affondare la paletta nella farina e tutto precipitò sul fondo. I topi  con delicatezza avevano mangiato sotto lasciando uno strato di due dita in superficie. Quando i contadini lo seppero si affrettarono a rifornirla e mamma le regalò una grande scatola di latta a prova di rosicchiamenti. Il falegname le fece una gabbietta di rete metallica molto fine per impedire anche alle mosche di attaccare i suoi alimenti. Un autunno andai con la tata a portarle una coperta imbottita e ricordo ancora la felicità che vidi nei suoi occhi ( come tutto è relativo !). Rimasi poi stupita nel vedere l’uva, le mele e le pere legate per il picciolo con una corda ed appese alle travi . Era lo stratagemma per salvarle. Una mattina d'estate, quando la vecchia s'alzò dal letto, non riusciva a posare i piedi per terra, perchè durante la notte i topi le avevano rosicchiato con delicatezza le callosità delle piante dei piedi, lasciando la pelle sottilissima. Un giorno un ragazzo ebbe un’idea che era proprio l’uovo di Colombo ad averci pensato: le portò un gatto . Era nero, bellissimo, perché sempre lucido, in quanto lei lo  accarezzava continuamente. Non so perché io avevo paura di quel gatto e mi è rimasta una inconscia  avversione per i gatti neri. Questo colore deve essere sfortunato perché ricordo una nidiata di gattini soriani con uno solo nero. Ebbene il contadino lo dovette sopprimere perché la gatta lo rifiutava, non lo allattava e lo spingeva fuori dal nido e lui piangeva tutto il giorno. La vecchia invece lo adorò e lui allietò l’ultimo periodo della sua vita, ma quando lei se ne andò, inspiegabilmente  nessuno lo vide più.  NONNA  RACHELE