NONNA RACHELE

ARRESTI DOMICILIARI


 Quando le nostre figlie erano bambine, mia cognata conviveva con la sorella del marito: la Tamar. Era molto simpatica, facevamo sempre le vacanze insieme a Rimini, non condividevamo col poeta che l’ Adriatico fosse selvaggio. Non  c’era nessun pericolo per le nostre bimbe perché l’acqua era bassa per parecchi metri. A volte la sera prendevamo il filobus e andavamo a vedere le vetrine della famosa via Ceccarini e a prendere il gelato al Nuovo Fiore. D’accordo, pensate che non era questo gran divertimento, ma a noi piaceva. Le luci, i colori, la musica, i fuochi artificiali, l’ atmosfera festosa ci rallegrava. Questa innocente cosa dava fastidio a mia suocera, che pur non essendo pediatra aveva prescritto a mia figlia la montagna; la colpa era nostra che eravamo state tanto stupide da dire che a noi  non piaceva. Se avesse veramente fatto bene a mia figlia mi sarei sacrificata, ma il medico aveva sempre consigliato il mare a Marina e poiché lei non ci credeva dovetti trascinare mio marito dal pediatra. Mia suocera però era una che non demordeva e ora consigliava almeno il Tirreno. Io e Tamar disgraziatamente  decidemmo di provare ad accontentarla. Affittammo una villetta vicino a Forte dei Marmi (si fa per dire, perché era a 15 chilometri). Sono passati  50 anni e adesso ci sarà un po’ di vita, allora non era nemmeno un paese ma un borgo. C’era un cinema all’aperto solo di sabato e un bar con televisore. Erano i primi tempi di LASCIA O RADDOPPIA, e il fanatismo per Mike Bongiorno  constringevano i cinema,  per non restare vuoti il giovedì, a trasmetterlo, interrompendo il film. Un sabato tentammo di andare al cinema, ma mia nipote Raffaella non voleva dormire né nel passeggino, né in braccio a noi, così a metà film tornammo a casa. Il giovedì però non volevamo perdere Mike e andammo al bar e prendemmo un tavolino non troppo lontano dalla TV. Raffaella era piccolina e fu molto buona finche il cono di gelato non finì; mia figlia era un po’ più grande e già appassionata alla trasmissione, non giocava con la cugina, che cominciò ad annoiarsi : inziò a sparare PIPI ….Tamar la portò alla toilette, piccola pausa e ..CACCA…altra corsa. BEBE’ (da bere )…al banco a farsi dare un bicchier d’acqua. PIPI, sembrava un colabrodo, appena un sorso e la doveva restituire. Dopo poco aveva sonno, povera stella, allora cominciò  la mitragliata PIPI, CACCA , BEBE, PIPI… Si dovette tornare a casa. La mattina andavamo sulla spiaggia ma non si potevano abbandonare un momento le bambine, perché arrivavano violente onde anomale ed era pericoloso. I castelli non si potevano fare perché la sabbia non era  rena come quella di Rimini. C’era spesso bandiera rossa e non si poteva fare il bagno; la noia ci innervosiva. Il pomeriggio facevamo una passeggiata nell’entroterra per acquistare polli e uova fresche dai contadini. In giardino c’ era un bell’albero ma non si poteva starvi sotto perché era infestato da bruchi neri e pelosi, non era piacevole riceverli in testa. Raffaella si divertiva a schiacciarli con due dita e far uscire un liquido verde che sui vestiti era quasi indelebile.
 Avevamo un bel da stare attente, lei era furba ed eludeva la nostra sorveglianza. Poverina, era uno dei suoi scarsi sollazzi! Nella villa vicina abitava una bambina con la pertosse e si fermava sempre a tossire tra le sbarre. Mia figlia l’aveva avuta ma mia nipote  no. Appena la bambina se ne andava, Marina prendeva uno straccio e l’ alcol e disinfettava tutto il cancello. Di notte io e Tamar ci trovavamo in cucina a farci una camomilla perché il nervosismo ci impediva di dormire. Non si poteva andare a Forte perché c’era solo un pullman che passava al mattino e tornava  la sera. La domenica vennero: mio marito, sua sorella e mio cognato ( il Tato ). Purtroppo al mare restò solo mio cognato, perché mio marito e la sorella non erano ancora in ferie. Il Tato col suo carattere ravvivò l’ambiente e la sera giocavamo a carte. Aspettavamo con ansia il Ferragosto e l’arrivo dei nostri salvatori che con la macchina ci avrebbero portato in giro. Poiché si fermavano una settimana, avevamo in programma anche qualche bella mangiata di pesce nei locali della costa. Finalmente il fatidico giorno arrivò e si sperava nella fine degli arresti domiciliari. Notai che mio marito aveva un bellissimo paio di sandali, molto comodi, diceva lui. Il giorno dopo però i piedi erano arrossati e si gonfiavano a vista d’occhio, tra le dita si erano formate delle dolorose vescichette. Nel pomeriggio andò dal dottore con suo cognato che diagnosticò una dermatosi dovuta alla concia del cuoio e tornò con bende e pomate. Fu così che io e lui passammo alcuni giorni in giardino sotto i bruchi e la notte a cambiare le fasciature che si erano perse per il letto. Poiché non si vedeva miglioramento decisero di abbreviare la vacanza per interpellare il nostro medico. Partirono, mio cognato guidava e mio marito dietro coi piedi fuori dal finestrino per aver un po’ di sollievo con l’aria fresca. Qui finirono i nostri divertimenti di Ferragosto. Mio marito con le cure adeguate guarì abbastanza in fretta. Dopo 10 giorni tornarono a prenderci e trovarono due iene nevrasteniche che decretarono che le vacanze degli anni a venire checché ne dicesse la suocera le avrebbero passate a Rimini e così fu . Le abbiamo sempre chiamate le vacanze degli  ARRESTI   DOMICILIARI      NONNA   RACHELE