NONNA RACHELE

GLI ZINGARI


Arrivavano la settimana che precedeva la Fiera del paese. Parcheggiavano il loro carro trainato da un cavallo vicino al fiume dal quale attingevano l’ acqua necessaria. Durante il loro soggiorno spariva qualche gallina e un po’ di frutta e verdura dagli orti nel terreno demaniale ma i furti erano  limitati e tollerati. In realtà a quei tempi lavoravano; erano artisti del rame sbalzato e si potevano comperare da loro vere opere d’arte. Poi in paese si aspettava il loro arrivo perché erano esperti in tantissimi lavori: aggiustavano gli ombrelli, stagnavano le padelle e impagliavano le sedie con vera perizia. A volte i contadini li pagavano con generi alimentari e lo scambio conveniva ad entrambi. La sera facevano qualche rappresentazione come saltimbanchi. A metà settimana arrivava il giostraio col suo carretto trainato da un asino o un mulo. Nel fine settimana lo raggiungeva il tiro a segno e gli uomini che montavano il Veglione dove si sarebbe poi ballato. Si davano una mano gli uni con gli altri e si sentiva un gran martellare. La fiera cominciava il sabato e finiva il lunedì sera. Poiché venivano invitati i parenti c’era un gran daffare per preparare i cibi e ripulire le case da cima a fondo. Fuori dalle porte si vedevano brillare al sole gli oggetti di rame lustrati con crusca e aceto.
La domenica pomeriggio la Tata mi accompagnava a vedere  la fiera e a far qualche giro sui cavalli della giostra che era azionata dal povero asino costretto a girare in tondo da mattina a sera. Ricordo che non mi piaceva molto ma c’era poca scelta. Fu una grande conquista quando anni dopo arrivò l’autoscontro. La sera mi ritrovavo con dei lividi della dimensione di un piatto, però mi piaceva tanto che non sarei più scesa. Da grandicella avrei voluto andare a ballare la sera ma non mi fu mai permesso e questa proibizione mi fa ancora  rabbia.Nonna  Rachele