Oggi le acque minerali sono uno dei maggiori inserzionisti
pubblicitari in Italia: per
convincerci a comperare “l’acqua da bere” nel 2005 gli
imbottigliatori hanno acquistato spazi pubblicitari per 379 milioni di euro.
Perché tanto sforzo? L’acqua in bottiglia ha un concorrente formidabile, che
è l’acqua degli acquedotti: buona (poche le eccezioni), controllata (più
dell’acqua in bottiglia, come hanno dimostrato diverse inchieste), comoda
(arriva in casa), e poco costosa. Se le acque minerali non fossero sostenute
da una pubblicità martellante, nessuno o pochi sentirebbero il bisogno di
comperarle.Di fatto l’acqua in bottiglia fa concorrenza a un bene comune, lo
ha riconosciuto anche l’Antitrust nel 2005 nel caso “Mineracqua contro Acea”.
Solo che le forze in campo sono impari: contro i 379 milioni di euro che
l’industria spende per sostenere l’acqua in bottiglia, gli acquedotti non
investono una lira per pubblicizzare il proprio servizio.
Senza pensare di ridurre la libertà di produrre e vendere acqua
minerale, non si potrebbe invece legittimamente pensare di limitarne l’invadenza
pubblicitaria?
C’è già almeno un caso in cui non si può fare pubblicità di
prodotti pur buoni: in quasi tutto il mondo è vietato promuovere latte in
polvere per la prima infanzia (e ad altri prodotti di questo genere) perché fa
concorrenza all’allattamento al seno, che è riconosciuto come “un bene
primario”.Ma non c’è solo questo: in 14 regioni su 20 le aziende non pagano
alcun canone per la quantità di acqua effettivamente prelevata e imbottigliata,
ma solo un “canone di coltivazione”, in pratica l’affitto del terreno
all’interno del quale si estrae l’acqua. E a fare affari d’oro sulla
dabbenaggine dei nostri consumi sono i soliti noti: Nestlé, ad esempio, che
vende nel mondo 19 miliardi di litri d’acqua e anche in Italia è leader del
mercato. In Trentino imbottiglia tra i 90 e i 110 milioni di litri d’acqua
(“Pejo fonte alpina”) ma paga al Comune di Peio meno di 30 mila euro l’anno. Uno
scandalo.
Per difendere l’acqua degli acquedotti (buona, controllata,
comoda e poco costosa) e garantirle un futuro forse è necessario limitare
l’invadenza pubblicitaria delle acque minerali.
Mettiamola fuori legge. La pubblicità, non l’acqua minerale.
Voi che ne dite?
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