nuova vita

Come eravamo


Come eravamoAlzai quel pugno, ferocemente convinta che il cambiamento fosse necessario per adattarsi ai tempi che correvano,ma non trovavo giusto cambiare simbolo e nome per diventare più comprensibile al mondo.Mi chiamo Simona, nella mia vita ho cambiato spesso opinione,mi sono adattata all'evoluzione della storia che viveva intorno a me; ma non ho mai rinnegato le mie convinzioni,nè ho cambiato il mio nome per compiacere.Il mio nome è Simona.Sono Comunista.Non posso cambiare nulla di ciò.19 Dicembre 1990Un giovane 30enne biondo con gli occhi ghiacciati come il suo cuore ed i capelli di paglia, gridava da un palco ed incitava al rinnovamento,alla necessità di un cambiamento di radicali dimensioni; rivendicando un senso di appartenenza comune,mio e suo, ad un progetto non limitato ai confini di una penisola,ma integrato in un più ampio respiro di un'Europa che avanzava.Le sue parole massacravano le mie ossa,i miei nervi,il mio corpo.Io mi sentivo già parte di un tutto senza confine, mi sentivo già  pronta per cambiare me stessa ed il mondo, mi sentivo già pronta a  gridare chi ero e cosa volevo condividere.Ma il nostro nome era Federazione Giovanile Comunista Italiana,ed il nostro simbolo la falce ed il martello,eravamo un mosaico di infiniti pensieri,infinite virgole,infiniti punti,infinite mani,infiniti respiri,infiniti sguardi,infinite lacrime e infiniti sorrisi,non volevo cambiare nulla di ciò.Avevo 14 anni e la convinzione di poter sconfiggere Polifemo,avevo la forza nelle mani e nelle corde vocali, la forza dettata da un senso di appartenenza, che nella mia vita,ho potuto sentire soltanto con chi decidevo dovesse essere la mia famiglia.19 Dicembre 1990Alzai il mio pugno all'aria,alzando di poco il mio metro e sessanta,ma la mia voce arrivò forte e chiara:Il mio nome è Simona,sono una giovane Comunista e ne sono orgogliosa.Non posso cambiare nulla di ciò.Mi chiamo fuori.Nulla poteva sconfiggermi,nulla che non fosse il chiedermi di rinnegare me e quel poco di passato che si può avere a quell'età.La fine di un'avventura.La mia famiglia ed il senso di appartenenza c'è ancora,ma non ho più un nome,ed ho addosso il senso di vergogna che mi è stato cucito per aver gridato il mio simbolo. La cultura [...] è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri.Antonio Gramsci