NORDAVIND

L'Altipiano: un posto per gli uomini


Pochi giorni fa ho colmato una lacuna che mi portavo dietro, infatti non avevo ancora visto un film girato qui dove abito, sull'Altipiano dei Sette Comuni. Di film in questo territorio a dir la verità ne sono stati girati diversi, non film banali, di storie inventate, film d'azione tout court o simili, ma tutti legati a importanti vicende storiche che hanno segnato queste montagne e la storia d'Italia. Il film in questione si intitola I Recuperanti ed è stato girato nel lontano 1969. Esso racconta -la trama è di Rigoni Stern, Kezich ed Olmi- di come, dopo essere tornati dal profugato ai propri paesi completamente distrutti dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, i miei avi si procurassero da mangiare: lavoro a quel tempo -un po' come adesso- infatti non ce n'era, molte persone erano già emigrate in Sud America od in Oceania (dove ho almeno una cinquantina di parenti), quelli che decisero di rimanere si trovarono quindi di fronte all'impossibilità di lavorare, ma bisognava pur mangiare... fu così che, costretti dalle necessità, molti uomini intrapresero il mestiere del recuperante di residuati bellici. Un lavoro pericolosissimo (le disgrazie che sono avvenute, anche relativamente di recente, non si contano) ma pur sempre un lavoro. Si trattava di cercare, percorrendo la montagna, residuati bellici, ma non solo: anche mazzuoli, stampi da mina, carriaggi, filo spinato, elementi componibili di baracche canadesi, paletti di ogni genere e così via, per poi rivenderli per lo più alle fonderie della pianura che li utilizzavano per produrre altro materiale. Il film tratta proprio il mestiere del recuperante, come si evince dal titolo, e devo dire, mi ha toccato molto, sia perchè girato in zone che conosco alla perfezione, sia perchè è interpretato interamente da gente del posto e tratta vicende molto tristi, accadute solo pochi anni fa.Uno dei protagonisti del film è un soldato tornato dalla Campagna di Russia che decide di intraprendere questo lavoro per guadagnare il tanto che gli permetterà di potersi sposare con la propria ragazza. Altri lavori difatti non ce n'erano, ed in un momento di sconforto Gianni (il nome del soldato), pensando di emigrare, ricorda come i propri genitori fossero stati costretti ad emigrare a loro volta, proprio per l'impossibilità di trovare lavoro. ''Si vede che è il destino di queste montagne'' dice ad un tratto. Questa frase mi ha colpito particolarmente, perchè anche mio padre è stato costretto negli anni '70 ad emigrare (in Germania) mio nonno prima (in diversi Paesi) ed ora mio fratello (in Australia) proprio come il fratello di Gianni ...così, mi sono un po' rivisto nella sua figura. Un altro dei protagonisti del film è il vecchio Du. Qui, Ermanno Olmi, il regista (che dopo aver girato questo film si è trasferito proprio ad Asiago), si è ispirato ad una figura storica delle mie montagne: il vecchio Vu. Il vecchio Vu era originario di Valstagna, un paese alle pendici dell'Altipiano. Nessuno conosceva il suo nome, lo chiamavano tutti così, per la sua mania di dare del Vu (voi) a tutti. Fuggì sull'Altipiano ancora ragazzo, quando morì sua madre, per andare a vivere solitario in mezzo ai boschi, nelle malghe, in qualche galleria della guerra. Non parlava quasi mai, sembrava geloso della sua solitudine. Viveva come un orso, frequentava le montagne ancora innevate, faceva il recuperante. Era povero, e buono. Morì nel 1963. Non aveva lasciato né debiti né crediti, né amici né nemici. Solo il ricordo di un uomo povero ma libero di vivere sulla montagna e mostrare solo a lei le sue lacrime.Il film segue quindi le vicende di questi due protagonisti, che iniziano a lavorare assieme. Vivono in montagna, in una malga di legno, sotto la neve anche nella tarda primavera, isolati dal resto del mondo. Cercano materiale bellico, ma il vecchio Vu è alla ricerca di un tesoro che un ufficiale austroungarico avrebbe nascosto tra le montagne. Con l'aiuto di un cercamine proveranno a trovarlo, ad un certo punto pensano di esserci riusciti, in realtà troveranno sepolti sotto le rocce i resti di decine di soldati morti a causa dello scoppio di una granata. Scossi, continueranno nel loro lavoro, alla ricerca di materiale da vendere. La vita dei recuperanti va avanti così, sotto le nuvole che corrono veloci nel cielo, con la paura delle bombe da disinnescare, con le greggi solitarie che lontane risalgono le montagne, con i pensieri alle proprie famiglie. Alla fine però, Gianni, spaventato dalla possibilità di perdere la vita facendo questo pericoloso mestiere, decide di abbandonare il vecchio Du e di seguire il consiglio della sua ragazza, ossia quello di intraprendere un lavoro meno pericoloso, come quello del manovale, ora che ce n'è la possibilità. Il film si conclude con il vecchio Du che rimprovera Gianni di averlo abbandonato, e di aver lasciato la vita libera della montagna.È un film che mi ha fatto pensare davvero molto, alle difficoltà della vita di un tempo, sicuramente maggiori di adesso, alle difficoltà della vita nella mia montagna, ma anche i loro risvolti positivi, il loro fascino per certi versi, la vita all'aria aperta, la semplicità delle cose ...per questo ho voluto intitolare questo topic così, prendendo spunto da un libro di Enzo Rela e Mario Rigoni Stern: L'Altipiano: un posto per gli uomini. Parte della prefazione di Giovanni Kezich ben si adatta alle sensazioni che il film mi ha impresso, alle sensazioni che ho dentro: ''Luoghi, persone, atmosfere che sono gli stessi dei racconti di Rigoni Stern [...] per uno sguardo su un mondo di montagna che appare assorto in una propria quotidianità senza tempo, ineffabile in una sua umiltà dignitosa e semplice, la stessa che si coglie sui visi di tanti dei piccoli patriarchi al tramonto. Un mondo di grandi spazi aperti e luminosi, di neve che cade e che poi se ne va, di vecchi che invecchiano e di bimbi che nascono, anni luce lontano da qualsiasi oleografia alpestre, da tanta retorica alpinologica o dal prepotente localismo oggi in gran voga: l'Altipiano, un posto per gli uomini.''