NORDAVIND

Un ometto


 Sulla vetta aerea c'era un ometto. Nei momenti di felicità è prepotente in noi il bisogno di espandersi in tenerezza verso qualcuno. Nella gioia indicibile della vittoria, in quella prima ora passata sulla vetta dello Jalouz, la mia attenzione e la mia tenerezza si volsero all'ometto di pietre. Lo costruii più alto, e anni dopo lo andai a trovare più volte. Per noi alpinisti l'ometto è la vetta e la vittoria, Lo mettiamo lassù, come un monumentino delle nostre gioie, un pegno del nostro amore, un segnacolo, un po' di noi stessi.E là ci aspetta, solo per anni e anni, avvolto nella nebbia, squassato salle bufere, sotto la minaccia dei lampi, sotto il peso soffocante delle nevi, come un soldato fedele al suo posto di pericolo. Col tempo bello è raggiante di gioia nell'azzurro e guarda contento sul mondo. Una volta ho sentito perfino cantare un ometto – ma questa è un'altra storia. Spesso lo vanno a trovare i nostri pensieri. Dalle laboriose fatiche di ogni giorno, dalla pena delle ore d'angoscia, dalle notti in affanno ci rifugiamo in lui. Non è facile la sua esistenza, e noi abbiamo parecchio da imparare da lui; da lui che può darci conforto e fiducia in noi stessi.Nell'ora del dolore pensa a lui e al suo posticino lontano dal mondo! Ecco, quando torni lassù e lo cingi col tuo braccio… il desiderio ti arde, si placa, il tuo cuore batte più calmo, ciò che ti sembrava difficile è ora semplice e piano, cure e affanni, fatiche e delusioni sono dimenticate, e la tua anima si libra di nuovo libera e leggera sopra tutti i mali abissi della vita terrena.  Julius Kugy, "Dalla Vita di un alpinista"