ancora pezzettini

Ha un modo semplice d'amare, la signora Ippolitakis


E la signora Ippolitakis disegna sulla fronte del suo amore una luna oppure un sole ma anche una stella (sapete che la signora Ippolitakis non è mai stata brava a disegnare).Disegna giusto in mezzo alle sopracciglia, sopra il naso. Nel punto dove l'hanno sempre detto che lo spirito diventa carne e viceversa.A certe cose la signora Ippolitakis ci crede fermamente e non si lamenta di essere spesso troppo sempliciona. E sorride, sciocca, sciocca, scioccamente.Allora sulla luna (perché mettiamo che alla fine sia una luna il maldestro disegnino che ha maldestramente fatto col suo dito indice la signora Ippolitakis), posa un bacio cercando di non oltrepassare i limiti del suo arabesco ed impegnandosi.La signora Ippolitakis ha un modo assurdo di essere meticolosa.Lo è soprattuto con le cose che non si meriterebbero alcun scrupoloso atteggiamento.I ricordi, ad esempio.Ad esempio i mandarini, il vento, le civette.I silenzi, anche.È un suo modo. Io non giudico, io solo racconto quel che di lei e del suo amore mi è concesso raccontare.La signora Ippolitakis sospira e guarda il sogno del uomo che adesso si sogna scoperchiando il nuovo, bel mondo che bolle dentro il mondo.Dopo il sospiro, come di manuale, le labbra della signora Ippolitakis giocano un po' il gioco sottil della farfalla e transitano come formiche di zucchero il corpo stanco del suo amore.I baci si snodano pian piano ed il rito si fa altro, lentamente.Non scriverò i particolari, dirò solo che lei sente sempre di raggiungere ancora ancora ancora l'anima del suo amor amore.Ne è convinta.Che sia vero o meno, che questo toccarsi delle anime esista, io non lo so, io solo racconto quel che mi è concesso raccontare."Ti amo" mormora la signora.E lei, che ama le parole e si fida di libri e dizionari, sa che il senso del suo amore non si trova in tesori e calepini."Ti amo per ogni tua sofferenza e per il tuo dolore", sparpaglia sull'orecchio del suo uomo."Per la forma turbolenta e arruffata dei tuoi dubbi. Per il tuo disperato modo di anelare, di fidarti.Ti amo perché potrei elencare aspetti ed attributi, ma il mio amore non è la somma dei dettagli.Ti amo perché sì e perché no"."Ti amo e sono...""Sono..."E la signora Ippolitakis vuole aggiungere una parola che chiuda la proposizione.Vuole far compiuto il senso. Vuole dire tutto quel che è."Sono..."Potrei magari allacciare un "felice", pensa la signora Ippolitakis.Sì, "sono felice", avrebbe voluto annunciare chissà, la signora.Ma tace, perché lei, che ama le parole e che controlla spesso il dizionario e la grammatica, in certi momenti profondamente diffida del significato.E quindi dopo il "sono", la signora Ippolitakis tace."Sono", dice.E la frase diventa salda e tonda e forte e anche leggera e pure eterna."Sono" e disegna un punto (solo uno, non tre né due. Uno.), sulla guancia del suo amore.Il perfetto finale, direte voi.Un perfetto inizio, sentirà forse la signora Ippolitakis.Ma io mi fermo qui, ho raccontato tutto quanto mi era concesso raccontare.
Valentina Einaudi, "L'amore non è un presente greco", Feltrinelli, 2098, p.44-41