ancora pezzettini

alibi a scala


E allora saliva sulle scale o si sdraiava su finti cespugli di plastica.Alibi, scuse.Fogli ovunque. Come d'autunno.La scelta di dire e dirsi in una lingua non sua.Un po' (solo un po' ma è giusto dirlo), aveva l'arte di scarabocchiare parole senza senso.Evasione, solo evasione che comunque non sempre funzionava.Sogni a mezzo sognare, pezzi disordinati di film, scatti.Qualche viaggio. Molti silenzi.Attenuanti.Saliva su scale malamente merlettate o si coricava sul morbido pavimento blu di un divano quasi grigio.Lenti d'ingrandimento e cannocchiali ma anche microscopi.Guardare il mondo apertamente negli occhi non era un compito facile e quindi alibi cioè scuse. Inventi. Anzi, un po' bugie.Quando le scale non erano a portata di mano e tutti i materassi diventavano posti troppo lontani,allora chiudeva gli occhi per non guardare in faccia il tempo e la sua vita.Chiudeva gli occhi come adesso,che ha gli occhi spenti da un bel po'.
Valentina Einaudi, "La donna che amava le scale ma non disprezzava il pavimento", Feltrinelli 2098 p.1 in alto a sinistra.La musica (Stairway to Heaven on Harp)