amareilcinema

LA RIVALSA DELLA SIRENETTA


" Il mare: non mi ci perdevo, mi ci ritrovavo" Albert CamusIl mare va, il mare viene: l’uomo non può farci niente, solo accettarlo. C’è una ciclicità negli eventi a cui non ci si può opporre: così è per me la vita.HAYAO MIYAZAKI        
INTERVISTA A  HAYAO MIYAZAKI                              di Federico pontiggia Fiore all’occhiello del concorso veneziano 2008, approda in sala “Ponyo sulla scogliera”, ultimo gioiello dello Studio Ghibli.
 Capelli e barba bianchi, sorriso sornione e sigaretta perennemente accesa (“ho diminuito, ora ne fumo una trentina al giorno”…), Hayao Miyazaki, 68 anni, Leone d’Oro alla carriera nel 2005, è tornato alla Mostra di Venezia – e finalmente approda in sala, sempre grazie alla Lucky Red – con Ponyo sulla scogliera. Decimo lungometraggio per il cinema (in carnet anche corti, serie televisive e spot pubblicitari) di uno dei maestri dell’animazione mondiale, ha per protagonista Ponyo, pesciolina-bambina scappata dagli abissi per incontrare il piccolo Sosuke, che vive in una casa sulla scogliera con la madre Lisa: tra i due sboccerà l’amore.Da dove nasce Ponyo?Durante una gita aziendale abbiamo visitato una casa su una scogliera, dove ho deciso di fermarmi per un po’ a godermi il mare: una vita semplice e tramonti stupefacenti. Un giorno, ho visualizzato l’immagine di qualcuno che guarda il tramonto da una scogliera: volevo che il mio nuovo film la contenesse, che fosse la prima tessera del puzzle. All’inizio esisteva questa casa sulla scogliera e un bambino, ancora senza nome: Ponyo è arrivata dopo…Qual è il pubblico di riferimento?Dopo aver realizzato Il castello errante di Howl rimasi tremendamente dispiaciuto che tanta gente l’avesse trovato incomprensibile. E pensare che la mia intenzione da sempre è quella di fare film per bambini. Ho fatto Ponyo sulla scogliera perché potessero capirlo i bambini di cinque anni, e magari non i cinquantenni. Osservando i bambini alla nursery dello Studio Ghibli ti rendi conto di  quanto siano intelligenti e abili già a cinque anni, anche se faticano a esprimerlo a parole.Non solo, molti del mio staff hanno avuto dei figli di recente, e questo mi ha dato ulteriori motivazioni: sono i bambini a darmi la forza per andare avanti.Se i bambini sono la spinta propulsiva, la sua ispirazione accoglie anche suggestioni e tradizioni occidentali, da La valchiria di Wagner a La Sirenetta di Andersen.In Giappone crediamo che gli opposti si attraggano, creando metamorfosi e sodalizi: ho fatto in modo che il film potesse interessare tutti. Quando Ponyo cavalca le onde, lo fa esattamente come le valchirie: Brunilde mi sembrava il nome per lei più adatto… Viceversa, a nove anni ho letto la favola di Andersen ma non ho mai digerito che le sirene non potessero avere un’anima come gli umani: Ponyo è la mia rivalsa.Il mare ha un ruolo centrale: come l’ha disegnato?Circa l’80% del film è mare e le onde sono protagoniste: ho voluto disegnarle personalmente, cercando il modo migliore per rappresentarle, con estremo piacere.Qual è il segreto?Per fare animazione devi basarti sulle tue esperienze reali, i tuoi movimenti fisici. Per questo sono preoccupato per il futuro degli anime: bambini e giovani vivono in un mondo virtuale. Se non hai mai acceso un fiammifero, un fornello o un fuoco, come puoi disegnare delle fiamme? Sosuke ama essere innaffiato da Ponyo, mentre un altro bambino prova fastidio: se il pubblico non provasse lo stesso piacere di Sosuke e non potesse entrare in empatia, il personaggio (e il film) non funzionerebbe. Grazie ai bambini della nursery, mi sono sincerato della probabilità del comportamento di Sosuke: il segreto è l’esperienza.Pessimista sul futuro dell’animazione?Faccio parte dell’industria dell’animazione da 45 anni e lo reputo una gran fortuna. Non so se lo sia anche per i giovani che ci lavorano oggi: nessuno può dire se durerà, personalmente ne dubito, ma è lo stesso timore che avevo agli inizi. Comunque, mi spiace aver consumato così tanta carta e matite in tutto questo tempo: l’animazione richiede molte risorse, e non è un bene.Meglio la grafica computerizzata?Personalmente credo che indebolisca l’immagine: la tecnologia può aiutare un film, ma l’animazione ha bisogno della mano dell’uomo.Un messaggio alla Pixar?Quando è finita la Seconda Guerra Mondiale avevo 4 anni e molti film arrivavano dall’America, ma nessuno mi ha influenzato. L’animazione è un mondo vasto, non siamo in competizione ma in amicizia: alla Pixar ci sono tante persone care.Ritorniamo al mare: che cosa simboleggia?Il mare va, il mare viene: l’uomo non può farci niente, solo accettarlo. C’è una ciclicità negli eventi a cui non ci si può opporre: così è per me la vita.Piena di maremoti?È Ponyo a causare la tempesta, perché vuole rincontrare Sosuke: non ha cattive intenzioni e non possiamo biasimarla, anzi per me è un’eroina. D’altronde, tutto è in movimento: rocce, continenti, stelle, pianeti… Secondo la teoria di Gaia, la Terra è una creatura, vive: in questa prospettiva, i disastri non sono unicamente degli eventi tragici. Ponyo sulla scoglieraOltre a confermarne il genio indiscusso, Ponyo sulla scogliera consente ad Hayao Miyazaki e al suo Studio Ghibli di confezionare un’opera finalmente adatta anche ai più piccoli (con tanto di canzoncina tormentone sui titoli di coda), che potranno accompagnare i genitori cinefili senza spaventarsi per gli uomini-ragno, i personaggi che si liquefanno né per le vecchine-streghe o le ragazze che rattrappiscono in seguito a un sortilegio. Qui assistiamo anzi al processo inverso, ad un gruppo di anziane che ritrova l’uso delle gambe e una leggerezza esuberante.                   Ponyo sulla scogliera, che ha registrato l’applauso più intenso della stampa a Venezia 2008 (e se la giuria lo ha ignorato, aggiungiamo, è solo perché due anni prima avevano dato a Miyazaki il Leone alla carriera), è una favola lineare, con riferimenti a modelli occidentali sia letterari (La sirenetta) che cinematografici (Nemo o La profezia delle ranocchie), ma incardinata nella cinematografia del genio nipponico dell’animazione, l’unico in grado di tener testa alla Pixar a livello planetario: qua e là affiorano nella trama riferimenti al dna e all’attrazione gravitazionale; la traccia ambientalista è fluidamente inserita in un contesto incantevole, a partire dal personaggio principale, pesciolina rossa dalle sembianze umane come le innumerevoli sorelline nate da una divinità marina femminile, caritatevole e affettuosa, e da un “ex” umano, stregone che preferisce gli abissi agli scempi dei propri simili. Ponyo riesce a risalire sulla superficie di un villaggio costiero, dove viene catturata da Sosuke, un bimbo di 5 anni il cui papà è capitano di un peschereccio e che vive con la madre, infermiera in un ospizio. Tra il bimbo e la pesciolina è subito idillio, e sfidando l’opposizione del padre Ponyo farà di tutto per diventare umana, tra onde anomale che allagano il paese, pesci preistorici e la Luna che arriva a minacciare la Terra. Dopo una prova di amicizia di Sosuko, che comporta l’attraversamento di un tunnel molto simile a quello che apre La città incantata (l’unico cartone ad aver vinto Orso d’oro e Oscar), tornerà la concordia tra Terra e Mare e il sogno di Ponyo potrà essere esaudito. Realizzata “all’antica”, l’animazione dispiega nel tratto, nei colori, nello svolgimento una fluidità e mille trovate che rendono il film un vero e proprio gioiello con diversi momenti memorabili, a cominciare dalla trasformazione di Ponyo in bambina, con tanto di sonnellini improvvisi e facili entusiasmi che ne faranno la beniamina del pubblico più giovane, mentre gli adulti non potranno che ammirare la perfezione dell’insieme. In patria, è stato uno dei maggiori successi di tutti i tempi.Mario Mazzetti