diario paterno

18/1/2009


Vorrei tanto essere un nativo americano, un indiano per intenderci.Stiamo pensando al tuo nome (due liste una per la femmina e una per il maschio) e più ci penso più lo trovo ingiusto.Prima di tutto è ingiusto che tu abbia necessariamente il mio cognome, è brutto, mi piace di più quello di tua mamma, ho provato di convincerla ma anche lei è appassionata di De Andrè e mi dice "che il mio nome glielo devo proprio dare" (era proprio un fatto estetico, non che non ti volessi riconoscere), poi il nome, che ti resterà appiccicato per la vita, e se non ti piacesse?Che diritto ho io a metterti l'etichetta NOME?Meglio gli indiani, che quando davano un nome al bimbo era un nome temporaneo. Quando avesse passato il rito di iniziazione per diventare adulto, lo avrebbe cambiato con un nome segreto da non rivelare a nessuno pena la perdita dell'anima ed un nome pubblico, simile a quello che oggi da noi si chiama il soprannome, come toro seduto, cavallo pazzo o preservativo bucato (vecchia barzelletta sugli indiani).Altra cosa che invidio agli indiani: il totem familiare.Loro scolpivano un totem con tutti gli animali che rappresentavano gli antenati, passandolo al figlio come rappresentazione della storia familiare ed assegnando al nascituro un animale guida che lo avrebbe appunto guidato.Come la stecca nei militi, quando si costruiva la stecca, questo oggetto (di varia natura anche se spesso intagliato nel legno) che rappresentava il gruppo, l'orgoglio e le fatiche di tutti veniva passato poi a chi si riteneva un degno depositario.