Nuotate Notturne

L'inutilità degli allarmismi su internet


Oggi copio e incollo un interessantissimo articolo di Vittorio Zambardino di Repubblica.E' interessante perchè senza ipocrisie fa il punto della situazione di cosa sono i giovani d'oggi e di come si comportano sul web...e chi combatte le ipocrisie sul mio blog avrà sempre un primo piano..."Ieri, pranzo della domenica, mia figlia, 18 anni, mi ha detto che uno dei personaggi che più frequenta in World of Warcraft (scheda) è un signore di 42 anni un po’ depresso perché è in cassa integrazione. Per un paio di minuti mi sono preoccupato, poi mi sono ricordato di alcuni dati di fondo: che mia figlia è maggiorenne e persona consapevole, che dentro World of Warcraft, certo, ci vive, cioè ci passa un gran numero di ore al giorno, ma lo fa insieme al suo fidanzato, che ha la sua età e che questa è perfino una forma del loro rapporto. E’ un  loro modo di stare insieme, non esclusivo, perché escono e vanno al cinema come tutti i ragazzi della loro età.  E che su questo punto del “virtuale” abbiamo lavorato insieme, io e lei, per anni. Fin da quando era piccola. Non sapere di cosa si parla Dite che sono un padre superficiale? Io faccio una scommessa su di voi che state leggendo: se avete più di 30 anni, se siete medici pediatri o insegnanti o giornalisti o ragionieri o una qualsiasi delle figure sociali adulte di questa Italia, voi NON sapete che cos’è World of Warcraft. Be’ è un mondo virtuale, fantastico, graficamente bellissimo, con tante regole e prove, un mondo che forma la mente dei ragazzi come un grande romanzo perché è una grande narrazione. E questo dovrebbe bastarvi… ah dite che i ragazzi non leggono? Be’, il gruppo degli amici di mia figlia vive su World of Warcraft e ha letto tutta la letteratura fantastica da Tolkien ad Harry Potter, passando per i molti scrittori-bambini che in questo momento affollano gli scaffali delle librerie dedicati al fantasy. Il bilancio mi sembra positivo. Poi se l’obiezione è sui contenuti di ciò che si legge, se invece di Tolkien vorreste le Cronache di Narnia perché più “allineate”, be’, non ho molto da dire. A me, come padre, basta che i miei  figli siano personalità indipendenti, critiche, con l’attitudine alla lettura. Non ho mai pensato di poter evitare loro il male del mondo. Ho sempre pensato a ridurlo. Mi sbaglierò ma l’associazione dei pediatri che domani presenta a Bologna la ricerca di cui parla Repubblica.it la pensa diversamente. E non capisco l’approccio ma soprattutto dissento fortemente dalla posizione, che è già conclusione negativa, verdetto, condanna, che presiede a gran parte delle ricerche di questo genere. Sono in dissenso perché non si tratta di posizioni scientifiche ma di assunti ideologici - e c’è da dire che la ricerca dei pediatri è in questo senso la meno ideologicamente caratterizzata. Ma se il pediatra mi dice che stando davanti alla televisione i nostri ragazzi corrono il rischio di ingrassare, sono d’accordo. Se mi dicono che spendendo ore a chattare sono più propensi a consumare merendine e a rovinarsi  lo stomaco, non potrei essere più consapevole che hanno ragione. Ma - e più dei pediatri sono gli psicologi a correre questo rischio pregiudiziale di ascientificità - se da queste osservazioni sul campo frutto della propria competenza, si passa invece al giudizio generale sulla negatività di quell’esperienza, d’accordo non sono più. Una grande potenza formativa Vedete, l’esperienza dei ragazzi, in quel mondo di WOW e di Facebook, di Msn e di chat è fuori dalla cultura attuale della società italiana. Parlo dell’Italia perché siamo in Italia ma il discorso è generalizzabile. Non è un problema solo di età, i vecchi che non capiscono i giovani, eppure  è anche questo. Il punto di rottura, di sofferenza, di separazione tra noi e loro interviene nel fatto che nella società come noi la viviamo e conosciamo quell’esperienza non c’è. Non sappiamo di cosa si tratta. Il risultato di questa ignoranza è catastrofico. Privi di punti di riferimento, genitori e insegnanti, operatori sociali e giornalisti, medici e psicologi si sentono autorizzati a interpretare come fantasmi i fatti reali che hanno di fronte. E’ come se un aereo a reazione fosse comparso sui cieli dell’antica Roma. Semplicemente non avrebbero capito cos’era. Col mondo digitale è così: i bambini ( i ragazzi, diciamo da 8 a 20)  “sanno”. “Noi” no, e vaghiamo da incubo ad incubo: dal terrore dell’assalto pedofiilo (come se nello sport o in parrocchia il problema fosse evitato a priori…) al timore dell’”isolamento” psichico. Invece di vedere l’enorme forza formatrice e educativa della rete, cerchiamo disperatamente il muro più alto da alzare. La continua presentazione ai media di ricerche fondate sull’allarme ideologico ha il solo risultato di aumentare il potere delle singole lobby e gruppi professionali, procurando sovente qualche buona consulenza presso ministeri e autorità garanti. Ma non aiuta né famiglie né ragazzi. Anzi, ne derivano più ansia, più paure, più tensioni in famiglia. Lasciateli soli, insieme a voi Isolamento? Ma il percorso dell’individuo consiste nella separazione dai genitori. E la capacità del genitore di “vivere l’esperienza del figlio”, per quanto questo sia possibile,  non la recuperi spegnendo il computer o staccando la tv. Semmai sedendoti accanto. Per anni ho ripetuto a mia figlia tre regolette base per le sue sessioni di chat: non dare indirizzi o telefoni, non prendere appuntamenti, non accettare proposte di nessune tipo se prima non sai con esattezza che si tratta di un tuo coetaneo. Punto e fine. Poi mia figlia mi ha rivelato di aver sempre molto riso con le sue amiche per queste mie avvertenze: “perché ci prendevi per sceme”. "