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Diario di Viaggio
 

 

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Quando dormi succede spesso che ti svegli.

Post n°46 pubblicato il 25 Novembre 2007 da nonnobizzarro

Ma non per via della sveglia. O della luce del sole che filtra attraverso le tende. O perché magari hai dormito a sufficienza, tipo quelle dieci o undici ore che si potrebbe permettere solo uno studente fuorisede dopo una notte brava. No. Tu ti svegli perché il battito del tuo cuore rimbomba nel materasso. E il tuo materasso di Ikea, in gomma piuma anallergica, fa da cassa di risonanza impedendoti di chiudere occhio. Sul serio.

Infatti, riesci ad addormentarti solo girato da un lato. Quello senza cuore, per intenderci. Sempre lo stesso. Il destro. Ti è anche venuto un torcicollo cronico per questo. Se un giorno morirai investito da un’auto che non hai visto, perché attraversando la strada non sei riuscito a voltarti e controllare per bene la strada, sarà per colpa del tuo cuore.

Va dove ti porta il cuore? Al C.T.O. del policlinico di Roma? No grazie.

Comunque, quando non riesci a prendere sonno per via del fatto che il tuo organo interno preferito ha deciso di suonare Jungle, invece della più canonica musica di chiesa, hai una sola possibilità: alzarti dal letto, accendere il PC e andare su www.Baseball-Reference.com.

Lì ci sono quintali, tonnellate di numeri insignificanti che ti aspettano. Ah, dolcissimo autismo. Colonne interminabili a due, tre, quattro cifre che tu impari diligentemente a memoria dal lontano 1987.

In mezzo a quei numeri: la quiete. Il cuore rallenta. I problemi scompaiono. Tutto diventa scomponibile in una sequenza di cifre. Ordinabile. Un’intera vita di colpo è sezionabile in centinaia di piccoli momenti. Digitalizzare la vita di un essere umano, che elegante perfezione.

Così milioni di numeri, che ad un occhio inesperto potrebbero sembrare assolutamente casuali, nascondono per te storie che conosci, decodifichi e di cui sei dannatamente goloso. Ognuno di quei piccoli segni è un’impresa sportiva. Ogni singolo “35”, “52” o “1192 è per te l’equivalente di un intero film o libro o racconto.

Storie naturalmente. Migliaia di storie, di uomini e delle loro gesta eroiche.

Il numero 0,373, per esempio, potrebbe essere ragionevolmente corrispondere alla percentuale di polveri sottili nell’aria di Parigi o indicare la quantità di succo di arancia in una lattina di Fanta, per te invece è un’storia. Quale? Questa:

Nel 1919 i Chicago White Sox erano una squadra talmente forte che i giornalisti dell'epoca non lesinavano aggettivi come "invincibili" o "implacabili".

Quel gruppo di atleti in mutandoni di tela bianca era capitanato da due straordinari campioni. Il lanciatore Eddi Ciccotte e il grande esterno Shoeless Joe Jackson. Quel numero e questa storia riguardano il secondo.

Shoeless Joe era chiamato così perché una volta, poco prima di scendere in campo per una partita, accortosi di aver dimenticato le sue scarpe a casa, pur di giocare decise di entrare in campo a piedi nudi!

Joe era un vero campione. Nel 1919, all’età di 29 anni, fece un campionato straordinario. Con una media battuta ben oltre i trecento e a forza di doppie e triple, aveva trascinato la sua squadra fino alla finale. Le prestigiose World Series. Naturalmente i Sox erano i favoriti. I bookmakers li davano vincenti e scommettere su di loro pagava vincite irrisorie. L’opinione generale era che i Cincinnati Reds non avessero alcuna speranza di portarsi a casa il trofeo.

Ed invece, contro tutti pronostici, i White Sox furono sconfitti 4 a zero.

Poco dopo, si scoprì che otto giocatori di Chicago si erano venduti la finale. Un giornalista fece lo scoop. Seguì uno scandalo clamoroso. La squadra fu ribattezzata "Dirty Sox" (calzini sporchi) dai tutti i giornali e vi fu un processo molto discusso. Gli otto imputati furono tutti condannati e banditi dal baseball professionistico a vita, sulla base di alcune ricevute firmate dai giocatori stessi.

Tra loro anche Shoeless Joe. Carriera finita a trent’anni. Non entrò mai nella Hall Of Fame di Cooperstown, malgrado avesse tutti i numeri per farlo, e sopratutto non gioco mai più. Fine della storia. O No?

No. Perchè, in effetti, qualcosa di strano in tutta questa faccenda c’è ed ha a che fare, ovviamente, con quel numero: 0,373.

0,373 è la media battuta di Joe Jackson nella finale con Cincinnati. Roba da mostri. Se stava cercando di perdere stava cercando di farlo con grande dignità, non c'è che dire.

E poi c’è quell’altra questione. Joe era un campione, certo, ma come molti campioni dell’epoca era completamente analfabeta. Era cresciuto in un paesino della Carolina del Sud e fin da piccolo, prima di diventare un giocatore professionista, invece di andare a scuola aveva lavorato in una fabbrica tessile. Come fece allora Joe a firmare quella maledetta ricevuta? Beh, con una X, naturalmente. 

La commissione sportiva non ebbe pietà e non tenne in considerazione quel numero, 0,373, né l’analfabetismo di Joe. Probabilmente c’era la volontà di dare una sentenza simbolica: “Ripulire il mondo del baseball una volta per tutte!”  (Suona familiare?)

Nel 1922 Joe e la moglie aprirono una lavanderia a Savannah, Georgia, che fallì quasi subito. Poi ci riprovarono con un ristorante che ebbe lo stesso destino. Infine ebbero un moderato successo con un negozio che portava il suo nome: il “Joe Jackson’s Liquor Store”. C’è sempre bisogno di un buon negozio di Whiskey.

Una leggenda dice che un giorno nel negozio di liquori capitò il grande giocatore Ty Cobb, che di Joe era stato avversario anni prima. Stupito dal comportamento dell’ex campione, Ty disse: “Joe, non dirmi che non mi riconosci?” “Certo che ti riconosco, Ty.” Disse Jackson. “Il fatto è che non sono così sicuro che tu vuoi far sapere di conoscere me! Quasi nessuno lo vuole.”

Joe morì nel 1951 all’età di 63 anni. Infarto. O alcolismo. O entrambe le cose, difficile stabilirlo. Ma quel 0,373 è una cosa certa. C'è e rimane.

Sarà anche solo un numero, solo una storia, ma intanto il tuo cuore rallenta e tu placato t’infili di nuovo nel letto, chiudi gli occhi e finalmente ti addormenti, sereno. E magari sognerai proprio la finale del 1919. Ma nel tuo sogno, però, e questo è il bello dei sogni, i White Sox quella dannata finale la vincono con un secco 4 a zero.

 
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Anonimo il 29/11/07 alle 11:29 via WEB
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