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Quella notte

Post n°10 pubblicato il 31 Ottobre 2013 da HPLoveCraft_E

vi ho abituati davvero bene, un racconto all'anno? devo dire che è una cadenza un po' miserella per chi ambirebbe a scrivere, ma così è. Un racconto per questa Vigilia di Ognissanti e che si dipanerà più o meno seguendo il ritmo di questi giorni. Buona lettura.
La festa volgeva al termine e Bertrand si accorse di aver bevuto troppo, conoscenti e sconosciuti si allontanavano salutandolo allegri e l'uomo rispondeva come poteva mentre le carrozze si alternavano sotto al porticato per rituffarsi nella notte nebbiosa. Bertrand non si sarebbe mai abituato a quella città e a quella regione, arrivava da lontano e nel suo piccolo paese d'inverno soffiava talvolta il vento, la tramontana, ma non c'erano interminabili settimane uggiose o nebbiose. Il suo ospite che salutava gli invitati era altrettanto ubriaco e a stento gli chiese perché non attendesse una carrozza "perché sono giunto a piedi" aveva risposto Bertrand, virile " e ora così mi incammino"

"un altro bicchiere?"
Bertrand finì per accettare un ultimo calice di vino frizzante e gelato, quasi una prova di virilità e mentre l'amico si aggrappava al maggiordomo, Bertrand prese per il tratto di fine ghiaia che traversava il parco e conduceva alla cancellata ed alla strada principale. Si sentiva così euforico e sicuro di sé per quella prova di resistenza vinta con l'amico da non chiedersi nemmeno da quale direzione fosse arrivato, ma con il suo passo baldanzoso da sottotenente aveva marciato per cinque buoni minuti nella notte nebbiosa illuminata da rari fanali canticchiando tutte le marce del reggimento e l'inno nazionale come alla sfilata. Ed era stato proprio sull'"attenti aa." brandendo la sua immaginaria sciabola che si era trovato su un ponte il cui ultimo fanale illuminava un muro nebbioso. No, quella non era la città, era l'inizio della campagna e qui la memoria finalmente lo aiutò ma troppo tardi, uscendo dal parco della villa aveva preso la direzione sbagliata. La forza artificiale del vino era svanita, le gambe sollecitate da quella lunga, innaturale marcia sul selciato ora quasi gli dolevano e il pensiero di riprendere il cammino a ritroso e attraversare la città sino al suo alloggio gli parve una fatica inimmaginabile.
"Come state, avete problemi?" era giovane, come lui, e come lui aveva un cappotto pesante, una sciarpa di seta bianca ed un cappello a cilindro.
"Eh, non ...ho problemi, ma sono...lontano.." le parole uscivano a fatica  fra sbuffi di vapore
"Venite,ho qui la mia carrozza" Effettivamente sul ponte c'era una carrozza laccata con i suoi lumi ad acetilene ed uno stemma nobiliare, Bertrand non aveva davvero udito il suo arrivo, doveva essere proprio ubriaco ed accettò con gratitudine l'aiuto del cocchiere e del personaggio appena incontrato per arrampicarsi e abbandonarsi sui morbidi strapuntini della carrozza che un istante dopo si mosse.
"grazie"
"non c'è di che"
Bertrand per lungo tempo pensò solo a riprendersi e fu solo quando una calda voce femminile gli rivolse la parola che si rese conto che a bordo della carrozza c'era un altro passeggero,a nzi una giovane donna e si rese conto di  non essersi nemmeno presentato "Scusatemi"
"state comodo, volevo sincerarmi solo come stavate" riprese la voce calda; ora la intravvedeva di fronte a lui ed  al giovane uomo che la presentò "Aurora, mia sorella "
"acquisita" aggiunse lei sorridendo, possedeva una grazia particolare ed i suoi occhi ogni tanto balenavano. Bertrand si presentò, la sua famiglia non era nobile ma avevano molte terre ed il cognome non era nuovo a quella coppia, anche se non sembrava che campi, frantoi e mulini dovessero occupare i loro pensieri  "e francamente nemmeno i  miei" aggiunse Bertrand  "sono qui per perfezionare gli studi come vogliono i miei"
"comprendo" disse il giovane porgendogli un sigaro. Bertrand fumò con calma poi chiese "ma eravate anche voi alla festa? Non ricordo che foste presenti" i due parvero interrogarsi con lo sguardo poi la giovane donna disse "no, abbiamo festeggiato questa vigilia a modo nostro e poi siamo usciti"  Bertrand intuì che quei due nobili non amavano troppe domande e questo gli parve in linea con i loro principi. Certo era meglio non farne. Giunsero così  sotto un portico molto differente da quello della festa, meno illuminato, meno ben tenuto ma più solenne ed antico, era la differenza fra la nuova generazione dei borghesi e l'antica tradizione nobiliare " se mi dite dove sono...m'incamminerò"
"ma voi non siete in grado di camminare amico mio, non ancora" ed era vero e ancora una volta Axel ed il cocchiere lo aiutarono a scendere dalla carrozza.
Il resto degli avvenimenti rimase confuso nella mente di Bertrand, vagamente si rese conto che qualche servitore lo stava aiutando a svestirsi, csi era spazzolato i denti un bagno al cui confronto il suo albergo per quanto signorile sembrava una miserabile e dozzinale pensione di periferia, infine barcollando era ritornato in camera per crollare a pancia in giù su u un letto a baldacchino sul quale poteva allungarsi di traverso e starci comodamente. Unica interruzione fu un sogno spiacevole e angoscioso dal quale si liberò con un grido; ma era solo la luna ora apparsa alta nel cielo che lo aveva infastidito, almeno così pensò prima di cambiare posizione e mettere la testa sotto al cuscino e l'alcol lo trascinò ancora in un sonno opaco...

 
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Il Segreto della Collina.

Post n°9 pubblicato il 31 Ottobre 2012 da HPLoveCraft_E

al villaggio vicino al bosco fra le donne fiorivano segreti conciliaboli e fervevano preparativi, mentre  gli uomini come sempre lavoravano  la terra, utimando le semine dei cereali e le colture dell'inverno e accudivano  i pochi animali da latte, fra le donne della comunità erano viaggiavano discorsi a mezza voce, sussurri, elenchi di cose da fare e portare, ma tutto senza clamore ed all'insaputa degli uomini. Kayleigh era una donna bionda che viveva nell'ultima casa prima del bosco dove c'era abbondanza di erbe  medicamentose che lei conosceva, raccoglieva ed essiccava per le sue sapienti pozioni e tinture. Altre due donne del paese la raggiunsero e dopo i saluti  chiesero " è per stanotte?"Si rispose Kay " la collina  ha proiettato la sua ombra netta sul villaggio e come predice la tradizione..sarà per stanotte.." "Gli uomini hanno intuito qualcosa..." "Placate i vostri uomini  come amano essere placati  e come sappiamo ben fare, come sempre dopo dormiranno come ghiri..se volete posso darvi una delle mie pozioni soporifere..sufficiente una stilla nel vino" Kay andò nel suo laboratorio e ritornò con alcune boccette che distribuì fra le donne che le presero e ringraziarono e lei le congedò : " a stanotte, sorelle..."sorrise Kay. Stella la figioletta undicenne  si avvicinò alla madre " potrò esserci anch' io?" Kay sorrise "no per quest'anno no, non sei ancora pronta, dovrai essere più grandicella."  Randolph, l'altro figlio che andava per i tredici sbuffò irritato " cose di donne"  Kayleigh gli pose le mani sulle spalle "tu sei un giovane uomo e siccome come tutti abbiamo differenze, a te spetteranno altre responsabilità non meno importanti, ma ricorda, nel cosmo esistono più cose di quante ne potremmo mai conoscere ed  è la nostra umiltà nel riconoscere che non conosciamo nulla  e dobbiamo apprendere  tutto che ci fa progredire." rassicurato l'adolescente  Kay ritornò alle sue attività ed ai suoi preparativi...Era buio e c'era quiete nel villaggio, qualche porta si schiudeva e tutte le donne in età fertile del villaggio silenziose e con brevi richiami sottovoce si riunivano a coppie, a piccoli gruppi: madri e figlie, sorelle, cugine ed amiche mano nella mano avviandosi sul sentiero verso la collina, alla luce della luna piena che rendeva argenttee le foglie degli alberi. Il bosco attendeva oscuro e  silente l'arrivo delle femmine, come per accoglierle e proteggerle e custodire i loro segreti. Kayleigh sulla vetta della collina le attendeva dal crepuscolo, disegnando un grande pentacolo e meditando e invocando preparava la cerimonia, e via via che le donne arrivavano proseguivano il canto in una lingua antichissima, tramandata di madre in figlia.  Ora c'erano  tutte e la foresta risuonava delle loro voci, dal contralto al soprano. Kay sollevò le braccia ed il canto si spense piano piano. "Sorelle,invochiamo lo spirito di Quelli di Prima, gli abitanti del Cosmo!"
"Invochiamo!" 
"prepariamoci!" Kay per prima sciolse i lacci del suo mantello di seta che le scivolò lungo il corpo e cadde ai piedi e così le altre. Ora la cima della collina pareva illuminta dal lieve riflesso di decine di corpi candidi che si distesero in attesa e di nuovo il canto risuonò e poi si spense. Pochi istanti e la luna si oscurò brevemente in un frullare di grandi ali e corpi robusti e muscolosi che si posarono leggeri e possenti sui corpi schiusi delle donne che li attendevano. Presto un dolce brusio si sparse nel bosco, un lieve indefinito scambio di sussurri, di baci, di dolci contatti di corpi, caldi sospiri e gemiti. Quale prima quale dopo, quale con piccoli strilli acuti, quale con profondi gemiti dal più profondo del corpo ogni donna cedette al piacere. Anche Kayleigh strinse l'essere che la abbracciava, percepiva la forza dei suoi muscoli, la passione istintiva, l'amore irresistibile che promanava da lui, come un fluido mistico attraverso la pelle ed i suoi baci, resistette a schiudere gli occhi per timore di caderne ammaliata, come le era accaduto la prima volta che era stata ammessa al rito e poi per lunghi mesi aveva vagato soffrendo di nostalgia, ma un po' li socchiuse solo per gemere e cadere innamorata e provare uno sconvolgente piacere. Come ad un segnale anche le altre gridarono per un dolcissimo ed inarrestabile flutto di piacere e poi giacquero ilari, gioiose e nostalgiche, scambiando baci con le entità che le avevano amate.  Ora le entità si levavano nuovamente in volo e le donne godevano nel ricordo dell'amplesso appena concluso, pigre e sospirose, rabbrividendo nel freddo della notte,cercando al tatto le loro vesti. Ora discendevano la collina, ilari, quasi immemori di quanto era accaduto ma conservando un ricordo di piacere e sublime dolcezza. Anche Kayleigh scendeva buona ultima assieme a due amiche, non c'erano molte parole, si salutarono alla casa. Era giorno fatto quando i figli di Kayleigh la destarono impazienti e Stella la figliola notò " hai una piumetta fra i capelli, morbida morbida, sembra d'ang.." Kayleigh le chiuse le labbra con l'indice "sc... tesoro... " un giorno avrebbe dovuto tenerle "il discorso" e spiegarle tutto del Segreto della Collina, ma c'era tempo. 

 
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a cosa serve un blog?

Post n°8 pubblicato il 07 Agosto 2012 da HPLoveCraft_E

Ho aperto un blog, solo per scribacchiare due fantasticherie, postare due ghiribizzi in croce, lo aggiorno solo per divertimento personale non per fare amicizie, per cui mi sento libero di parlare come voglio e mi diverte un po' pensare che alcuni aprano profilo o addirittura blog per conoscersi, mi sembra un modo macchinoso e approssimativo per socializzare, ma così è. A me sembra infatti poco probabile far amicizia in bloggando e soprattutto "conoscere" come è realmente una persona. No, perché se il punto è sapere chi hai di fronte, sono sufficienti quattro righe: sai di avere di fronte noiosi, repressi, conservatori, frustrati, cripto fascisti o il famigerato guidatore con il cappello o l'altrettanto proverbiale casalinga di Voghera. E cosa vorresti scambiare con certe persone? Cosa vorresti approfondire tramite quattro messaggi con siffatte mentalità piccolo borghesi? e nemmeno con mille messaggi essi comprenderanno la loro arretratezza. E poi parliamoci chiaro quand'anche una blogger ti andasse a genio le sue creazioni letterarie significherebbe davvero poco e soprattutto sarebbero ben poco "coinvolgenti" per avviare un dialogo. Postare una foto in spiaggia in costume olimpionico è meglio di tutto, se la preferenza deve essere basata sull'appeal è cosa fatta, ti vedo, mi piaci, non mi piaci: le tue virtù nascoste di personalità creativa a questo punto chi le nota? E sono davvero "funzionali" alla socializzazione? Non certo ad un uomo e non certo a te per farti conoscere e apprezzare. E così siamo arrivati all'argomento. Ma voi ragazze, dai dai diciotto ai sessanta anni cosa pensate di trovare in un uomo? Un uomo è davvero un essere semplice che ha in mente l'obiettivo di "sopravvivere" e se ha un lavoro, sottopagato alienante insalubre di questi tempi dovrebbe considerarsi un privilegiato, invece di sentirsi venduto come un manzo alla fiera del bestiame, garresi a buon mercato. Poni anche abbia un lavoro soddisfacente, sarà quello la sua vita, e tu che peso vorresti avere nella sua vita? Che spazio vorresti occupare? Ma se lui pensa a te penserà alle tue cosce e adesso che ci sono le olimpiadi, le confronterà continuamente il tuo fisico con quello delle tuffatrici o delle beach volleyste. E anche se hai un sederino sodo come la Tania che ha perso la medaglia d'argento per un niente, anche lui perderà la serata a sospirare per quella medaglia negata eppure strameritata. O via, donna, per far felice un uomo sufficiente fargli trovare la casa in ordine, camicia pulita per il giorno dopo e un poco di minestra, gli basta che tu sia accondiscendente a letto con lui per la maggior parte del tuo calendario lunare e che tu non abbia mal di testa perenne e quindici giorni di sindrome premestruale, che già un giorno di martirio basta e avanza, un giorno in cui un uomo deve stare attento persino a dirti "buongiorno come va" che tu ci vedi chissà quali allusioni recondite e chissà quali inneschi e alimenti per le tue paranoie di sentirti INCOMPRESA e disprezzata. E si, perché altro punto critico della storia, donna, è il tuo/vostro bisogno ossessivo di sentirti/sentirvi amata/amate. Vero che un uomo ha il lavoro, i progetti, gli hobby per sfogarsi, tutta la vita di un uomo è raggiungere obiettivi, trovare motivazioni, consolarsi delle sconfitte adattarsi come ho scritto a lavori mortificanti eccetera e allora tu donna cerca di capire che per lui sei essenzialmente una comfort-leisure worker, una fornitrice di supporto sessuale. Sei ancorata al falso mito di considerare la coppia come unico possibile, degno, valido contenitore per convogliare la tua e sua affettività, la tua e sua normale sessualità? Ti è rimasta la perversione di considerare ancora la coppia una situazione naturale, ovvia, indiscutibile, immutabile formula della felicità per due persone? E se ti dico che la relazione diadica rappresenta solo "un momento" nella vita di ognuno di noi, scambio di affettività e di momento di incontro della reciproche sessualità? Se ti dico che la vera distorsione e forzatura è invece quella di poter cristallizzare tale momento in una convivenza nella quale per grazia divina entrambi i partner dovrebbero mantenere il profilo del primo incontro, in termini di affettività e di reciproco piacere nello stare assieme per sempre Ti dispiace? Mi sfotti ancora con la tua velenosa ironia? Ribatti furibonda che tale ruolo è inaccettabile? Perché tu vali come le attrici e modelle della pubblicità L'Oreal? Perchè questa raggelante notizia è contraria a tutti i tuoi pensieri sull'amore?? Ma io sono d'accordo, ora che anche tu comprenda e accetti che sentirsi amata non dipende da un lui più o meno affettuoso, ma da te stessa, apprendi a percepirti amata realizzata senza un lui, puoi uscire benissimo ed andare al cinema e divertirti con un'amica e riempire la tua vita con altro che non "l'amore" specie di un uomo, perché (come hai sdegnosamente negato, con un sarcasmo che è offensivo dileggio, perché un uomo è abituato combattere i nemici e sfuggire ai predatori, non sa difendersi dalle "arguzie" ) tu arrivi da un pianeta e l'uomo da un altro. Lui per te sarà sempre un alieno, uno strano organismo egoista completamente rivolto all'esterno e alla soddisfazione immediata che non alle schermaglie affettive e ai sottintesi. Un uomo di un quadro vedrà sempre la storia e la tecnica prima dell'effetto emotivo e quando hai mal di pancia ti dirà di prendere una compressa di ibuprofene e sospirerà scocciato "stanotte si dorme" rigirandosi dall'altra parte del letto mentre tu volevi le coccole...quella che nei film è definita....crudeltà mentale. Tu hai un'unica risorsa perché un uomo rimanga con te: motivarlo, fargli pensare che meglio di te in giro non troverà, renderti più o meno indispensabile. Che poi questa strategia non ti garantisce nulla e soprattutto non ti garantisce che lui non si guardi nella finestra del PC fino a consumarsi gli occhi il beach volley femminile. Poco poetico?? Troppo rozzo?? Esistono uomini migliori? Esiste l'uomo perfetto? La coppia perfetta?? Bene, continua a cercarlo il tuo principe azzurro, il tuo papi affettuoso e protettivo, che illuminerà la tua vita e continua a dileggiare quelle che ti sembrano sciocche teorie, continua a sorprenderti che gli uomini siano tutti misteriosamente replicanti "alieni" freddi nel carattere quanto avidi solo di sesso e conquiste.  

 

 

 
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L'Ultima Casa 5

Post n°6 pubblicato il 24 Aprile 2012 da HPLoveCraft_E

Tutto si confonde nei mieri ricordi  da questo punto in  avanti, ricordo di aver incrociato gente del paese che avrebbe voluto dare una mano ma non osava spingersi oltre l'intrico che mascherava il sentiero e dove calore e riverbero delle fiamme  frenavano anche i più volenterosi; scoppi vulcanici generavano tizzoni che ricadevano persino nel villaggio e la gente trovò più logico occuparsi dell proprie case e di innaffiare i tetti che del rogo principale. So che mi ritrovai a casa dei parenti nella vasca mentre il paese si affannava a difendersi dalle fiamme che si spensero nel pomeriggio tardi anche per l'arrivo di una forte inatteso temporale che proseguì fino a notte. La mattina dopo mi proibirono di levarmi dal letto, ma non ce ne sarebbe stato bisogno poichè ero sfinito e ammaccato e rosso di disinfettante applicato ovunque. Chiesi alla vecchia cosa era stato "Più nulla" rispose  e non capivo se e quanto fosse orripilata o rallegrata poichè le cose non erano finite con il rogo. Il marito raccontava che la zona dell'incendio impaludava e traboccava di reflui neri disgustosi e stavano arginando il sentiero, però i miasmi già ammorbavano il paese. L'epidemia infatti cominciò aggredendo le case più vicine. Ricordo che mia madre venne a prendermi accompagnata da  un nuovo "zio" e ritornai con loro in città e fu l'ultima volta che vidi quel paesucolo. In città le cose andavano meglio benchè passassero ancora carri grigi di morti diretti alle fosse comuni e ogni rione avesse perso un quarto dei suoi abitanti. Ma a settembre l'emergenza finì repentinamante come era cominciata. Avevamo voglia solo di dimenticare e riprendere una vita normale. Altrove tuttavia le cose non ripresereo il loro corso abituale. Il paese dei vecchi semplicemente scomparve, annientato dal morbo e i pochi sopravvissuti ne fuggirono e la strada venne sbarrata e non figura nemmeno nelle carte più dettagliate. Ora nessuno visita quel luogo desolato dove le rovine e alberi strani circondano una palude insondabile ed il temerario che osasse avvicinarsi ammalerebbe senza scampo.

 
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l'ultima casa 4

Post n°5 pubblicato il 08 Gennaio 2012 da HPLoveCraft_E

Cominciavo a comprendere perchè nel paese credessero i tuoni dei Discorsi Infernali. Il vecchio girò lo sguardo verso di me "vogliono sapere chi sei e perchè sei qui, se sei un Inviato" scossi il capo, la cosa ancorchè raggelante assumeva sfumature grottesche. Il suolo vibrò ancora e dalla casa provenne un orribile gemito che tradussi come un verso di incertezza, ogni cosa su quel prato era inverosimile eppure sembrava adattarsi in un significato più ampio e perverso, non di questa terra; il vecchio riprese il suo instancabile quanto demeziale lavoro ed io esitando arretrai verso il cancello che si schiuse un attimo e si richiuse con l'orrido cigolio ed un clangore odioso. Non uscirai ora sembrò dirmi. C'era una siepe altissima che faceva da cinta e congetturai che in qualche punto fosse schiusa verso la strada e, un occhio al vecchio, peraltro dedito al suo lavoro come sotto ipnosi, cominciai la mia lenta ricognizione verso una possibile via di fuga. Avevo individuato una specie di varco quando il vecchio diede una spinta furiosa al vaglio che cominciò a ruotare a velocità inverosimile e con un rumore mostruoso, "Nooo" esclamò con un gorgoglìo roco da far accapponare la pelle  "non te ne andrai, chiunque tu sia!" disse indicandomi con un dito nero e accusatore e balzando verso di me. Dovetti cambiare direzione più e più volte come facevo sul campo sportivo con la differenza che lottavo per la mia  vita invece di recare il pallone di cuoio per un punto. Saltavo da un mucchio di minerale all'altro e zig-zaando giunsi alla fornace dove ribolliva la mefitica siviera e mi appesi alla leva che serviva a versarla "Nooo" ruggì alncora il vecchio, ma era troppo tardi, il metallo rovente  già si riversava sul terreno sibilando e incendiando l'erba secca e scorrendo verso i mucchi di minerale grezzo che si accesse con una vampa accecante. Intanto dalla casa provenivano un trapestio infernale e un altrettanto infernale barrito al quale faceva eco il rombo pulsante dalle colline, come un proiettile compii il periplo del giardino fino agiungere la varco intravisto prima nel quale mi infilai a costo di graffiarmi a sangue. L'ultima immagine che mi rimase impressa furono le fiamme altissime e sfrigolanti estese a tutta la proprietà fino alle colline e il braccio e la mano ad artiglio del vecchio che sporgeva ad artiglio dal varco della siepe per lui impossibile da superare e le sue urla demoniache.

 
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