Una vita a caso

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Era troppo tardi per ricominciare. Cassandra era cosciente che niente sarebbe tornato come prima. Da quel momento in poi, avrebbe potuto soltanto andare avanti. Portando con sè gli errori e l'afflizione che l'avevano accompagnata per anni.Si alzò la manica del pesante golf di lana che l'avvolgeva. Sul braccio, cicatrici. Ripensò per un istante alla lametta, al macabro sibilo che quella provocava a contatto con la pelle morbida. Voltò di scatto la testa: troppo doloroso, addentrarsi negli spinosi sentieri dei ricordi.Ma la mente è una lama affilata, una pesante sciabola che non conosce pietà. Ancora ricordi affioravano, immortali nel tempo. Dolce, salato, cremoso, croccante, tutto sembrava avere la stessa consistenza; le mani veloci spingevano il cibo giù per la gola. Tutto perdeva la sua connotazione, tutto scivolava nell’esofago, appena masticato dalle mandibole doloranti. E quell’odore, l’aroma di cibo sulle mani, si spandeva nell’aria, mescolandosi al profumo del bosco. Cassandra, in ginocchio sul pavimento umido; respirava a fatica, tra un boccone e l’altro, chiudeva gli occhi, come per non assistere a quello scempio del suo corpo. Poi, il bagno. Correva per il corridoio, indistinti sapori si spargevano nella bocca. Nessuna emozione. Mi fai schifo, si diceva a volte. Incapace di fermarsi. Due dita in fondo alla gola; raschiavano la morbida pelle, stimolavano lo stomaco a svuotare il suo contenuto. E poi, quella sensazione. Gli occhi gonfi, pieni di lacrime. Almeno così riesci a piangere, stronza; diceva a sé. La schiena piegata in due, il vomito grumoso inondava l’acqua del cesso. Il respiro irregolare. Tachicardia. Di nuovo tachicardia, il cuore che sembrava sbalzare fuori dal petto. Maledizione. Ancora, pensava. In ginocchio a terra, il volto paonazzo, le dita che raschiavano, ancora, cibo ripercorreva l’esofago. Fino a che lo stomaco non era completamente vuoto.FontE: L'AltrA mE...