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Ho sempre pensato che i post andassero scritti per se stessi.
E di getto.
Così, come venivano, senza stare a riguardarli troppo, senza troppe correzioni, senza soppesare le parole, senza nessuna convenienza.
Chi mi segue dal vecchio blog lo sa bene, conosce anche le conseguenze che furono causate dal parlare dei miei fatti personali e di terze persone.
In questo blog ho cercato di essere un po’ più criptica, ma non parlare della mia vita privata sarebbe stato pressoché insensato.
Perché questo è quello che ho da offrire.
E scusate, ma non credo sia poco.
Però più i giorni passavano, lenti e veloci, chiari e in ombra,
più mi sono resa conto che non avevo nessuna voglia, di parlare di lui.
Anzi, rileggendo il vecchio post di qualche tempo fa in cui ironizzavo sul suo uso delle K, ho provato un briciolo di fastidio, una leggera voglia di cancellarlo, di editarlo, di chiarire.
Non sopportavo tanta minimizzazione.
Così ora penso proprio che me ne starò in silenzio.
Me lo godo. Vogliate capirmi.
Mi godo il modo in cui i miei preconcetti sono crollati, uno a uno, magnificamente.
Il modo in cui è entrato nella mia vita e il sole che è riuscito a portarci.
Uno spicchio.
Un assaggio.
Credo si chiami speranza.
L’altro giorno mi stavo preparando per uscire. Lui sarebbe passato a momenti.
E io ho avuto un momento di panico puro.
Così, tra il mascara e il fard.
Pensavo che non avrebbe mai funzionato.
Che lui è troppo normale. Troppo sano.
E io? Io … ancorata alle mie nevrosi, ai miei fantasmi persecutori, alla mia accomodante infelicità.
Decisamente, io, no.
Quando è arrivato avevo quasi acquisito una strana calma per la mia certezza del fallimento.
Pioveva forte, ho chiuso il mio piccolo ombrello giallo e sono entrata in auto.
Ma poi l’ho guardato, e mi ha sorriso, con quell’espressione un po’ stanca, pacata, dolce,
e mi sono sentita improvvisamente serena, al sicuro, al mio posto. Piena di gioia.
Per la prima volta in tutta la mia vita ho pensato che me lo meritavo, tutto questo.
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